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Confermate le condanne per i razzisti del web

Video e audio sul web per negare l’Olocausto, volantini e messaggi di stampo antisemita, incitamento all’odio razziale, insulti ai migranti e a personaggi noti quali lo scrittore Roberto Saviano, la sindaca di Lampedusa Giusy Nicolini, l’ex ministro per la Cooperazione Andrea Riccardi. Con queste e altre accuse simili sono stati condannati anche in Cassazione i quattro gestori del sito internet “Stormfront“, finiti davanti ai giudici dopo le denunce degli anni 2011 e 2012.

Si trattò all’epoca della prima sentenza in Italia di riconoscimento di un’associazione a delinquere costituitasi tramite il web. Daniele Scarpino, Diego Masi, Luca Ciampaglia e Mirko Viola, questi i nomi dei promotori del sito Stormfront, community internazionale ideata da Don Black, ex leader del Ku Klux Klan. E il celebre e famigerato gruppo razzista statunitense era stato anche destinatario di una modesta raccolta fondi lanciata proprio attraverso la sezione italiana del portale.

Il pool dell’antiterrorismo aveva monitorato per anni le attività e le discussioni ospitate sul sito prima di decidere di procedere con le denunce.

Le pene vanno da un massimo di 2 anni e 6 mesi per Scarpino, considerato l’ideologo del gruppo fino ai 2 anni e 2 mesi per gli altri 3 imputati. Andranno inoltre risarcite le tre parti civili costituitesi: 5 mila euro per il ministero dell’Interno , 4 mila e 200 euro per Roberto Saviano e 3 mila e 500 euro per la Comunità ebraica. Confermato quindi quando stabilito dal processo di appello concluso nel 2014, i cui giudici avevano in questa maniera motivato le condanne : «I quattro imputati, accomunati da una vocazione ideologica d’estrema destra nazionalsocialista hanno formato un sodalizio al fine di commettere più delitti di diffusione d’idee online e tramite volantinaggio, fondati sulla superiorità della razza bianca, sull’odio razziale, etnico e d’incitamento a commettere atti di discriminazione e di violenza per motivi razziali e etnici». «Piena soddisfazione» viene espressa dalla Comunità ebraica di Roma, che in una nota ha rilevato che «l’importanza di questa sentenza consiste nell’affermazione del principio giuridico per il quale il web non può essere più considerato una zona franca dove le persone possono liberamente incitare, diffondere, fare apologia di ideologie razziste, xenofobe e antisemite. La Comunità ebraica di Roma ringrazia la Procura, la Magistratura italiana, la Digos, la Polizia Postale e i Ros per il lavoro svolto, segnale evidente che le nostre istituzioni tengono alta la guardia a difesa di chiunque subisca discriminazioni ovunque esse abbiano luogo”. 

Foto “Holocaust memorial” di George Hui – Opera propria. Con licenza GFDL tramite Wikimedia Commons.