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Il servizio agli ultimi

Dio è padre degli orfani e difensore delle vedove nella sua santa dimora; a quelli che sono soli Dio dà una famiglia, libera i prigionieri e dà loro prosperità
Salmo 68, 6-7

Gesù Cristo dice: «In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me»
Matteo 25, 40

La Riforma ci ha ricordato che la Scrittura è chiara quanto basta, perché non ci si possa nascondere dietro a facili giustificazioni rispetto a quanto Dio si attende da noi. Il problema, quindi, non è la chiarezza delle parole che ci sono rivolte, quanto la nostra disponibilità ad ascoltarle, ad accettare quella logica per noi estranea che esse ci testimoniano.

Dio parte dagli ultimi, ci ricorda il Salmo 68 indicando quelle categorie che, nel quadro della società del tempo, avevano pochissime garanzie. Non da quelli che si considerano ultimi, non da quelli che giocano a fare gli ultimi, non da quelli che cercano di mettersi nei panni degli ultimi, ma da quelli che oggettivamente stanno dietro a tutti gli altri. In un mondo in cui tutti vogliamo essere primi, Dio cambia l’ordine di precedenza. E le parole di Gesù indirizzano il servizio che dobbiamo rendere nella direzione voluta da Dio. Cristo si è identificato con quegli ultimi, ha accolto su di sé le loro fatiche, i loro dolori, la loro disperazione, il loro senso di impotenza. Se il nostro servizio si rivolge a loro, allora è, realmente, un servizio reso a Dio.

La Ginevra di Giovanni Calvino, spesso guardata come luogo di intollerante severità, fu capace nel XVI e XVII secolo di accogliere molti più rifugiati di quanto il buon senso e la ragione politica avrebbero suggerito. Ciò che «avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me». Anche così si rende gloria a Dio soltanto.  

Foto Di Bartolomé Esteban Murillosconosciuto, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1172202