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Cina, arrestato ennesimo pastore protestante

Chongyi è una piccola contea della provincia di Jiangxi, nella Cina sud-orientale. Un’area di 2 chilometri quadrati, abitata da 200.000 anime. È tra quelle campagne montagnose, a soli settanta chilometri dalla “cittadina” di Ganzhou (8 milioni di abitanti) che si trova una delle comunità cristiane più numerose del paese, composta da10.000 protestanti.

Gu Yuese, noto anche come Joseph Gu, è il pastore di quella comunità di fedeli. Il 27 gennaio scorso la polizia cinese ha arrestato lui e sua moglie Zhou Lianmei con l’accusa di “appropriazione indebita”. Ma l’indagine suona pretestuosa, perché Gu è da tempo in prima linea nella difesa dei diritti delle chiese cristiane in Cina e nei mesi scorsi si era opposto alla demolizione delle chiese dello Zhejiang, la regioni limitrofa allo Jiangxi dove egli opera.

Per il portavoce di China Aid – un’organizzazione con base negli Stati Uniti che si batte per i diritti umani in Cina – l’arresto non sarebbe altro che una rappresaglia politica del regime cinese, volta a tacitare una delle voci di spicco della “resistenza cristiana” alla campagna di demolizione di chiese e simboli religiosi che il partito comunista porta avanti da quasi due anni con la scusa di combattere l’abusivismo edilizio.

L’arresto del pastore Gu potrebbe dunque segnare l’inizio di una nuova ondata di persecuzione contro i cristiani cinesi. Una repressione intermittente ma costante, perché, come dimostra il recente summit governativo in materia di “sinizzazione delle religioni”, il regime di Pechino è attento e preoccupato dal revival evangelico che si registra nel sud-est del paese.

Secondo la BBC, lo scorso agosto il pastore Bao Guohua, sua moglie ed altri membri di chiesa dello Zhejiang erano già stati arrestati con le medesime accuse di business illegale, per il solo fatto di essersi opposti alla rimozione delle croci dalla loro chiesa, la Holy Love Christian Church. E sempre dall’estate 2015 non si hanno più notizie dell’avvocato Zhang Kai, il legale che ha assistito diverse comunità cristiane nella loro causa contro il governo.

La Repubblica Popolare Cinese è ufficialmente uno stato ateo, ma altrettanto formalmente la sua costituzione garantirebbe le libertà di culto. È questa la ragione per cui il sistema oppressivo del regime fa leva su presunti reati economici dei ministri di culto. Purtroppo, il pastore Gu Yuese è soltanto l’ultimo in ordine di tempo a cadere vittima di questo collaudato ingranaggio. Alla luce dei silenzi della comunità internazionale, per conoscere nel dettaglio la sua ed altre storie, pare che dovremo attendere la caduta del muro di Pechino.

Foto “The Gate of Chongyi Christian Church in Hangzhou 1” by Simon WadeOwn work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.