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Il Nobel per la Pace alle isole dell’Egeo

Un portale in 15 lingue e migliaia di volontari sparsi sui 6 continenti: questo è il motore di Avaaz, un’organizzazione non governativa nata nel 2007 con l’obiettivo di «organizzare i cittadini di tutte le nazioni per ridurre la distanza tra il mondo che abbiamo e il mondo che la maggior parte delle persone, in ogni luogo del mondo, vorrebbe». Avaaz – che in diverse lingue dell’Asia e dell’Europa mediorientale significa appunto “voce” – è il tentativo di riportare la parola a livello suolo, connettendo le intelligenze diffuse e sostenendo iniziative transfrontaliere di pressione, protesta e sensibilizzazione sui decisionmakers del pianeta. Una “comunità globale” che, stando a quanto si legge sul sito dell’organizzazione, oggi conta 42 milioni di membri in 194 paesi.

L’ultima campagna della piattaforma Avaaz è una raccolta firme a sostegno di un’insolita candidatura al premio Nobel per la pace. La proposta, interessante ed originale, è quella di conferire l’ambito premio alle isole greche del Mar Egeo, e in particolare all’Aegean Solidarity Movement che in questi difficili mesi ha coordinato dodici gruppi di volontari attivi nell’accoglienza dei profughi siriani. Sulla pagina della petizione – cui si può ancora aderire via mail o attraverso un profilo social – si legge:

Ordinari cittadini e volontari delle isole greche per mesi sono stati in prima linea nella crisi europea dei rifugiati, aprendo i loro cuori e le loro case per salvare centinaia di migliaia di persone in fuga dalla guerra e dal terrore. Per la loro compassione e per il loro coraggio, per aver trattato chi era in pericolo con umanità e per aver costituito un esempio di fronte al resto del mondo, noi, cittadini del mondo, candidiamo queste donne e questi uomini coraggiosi al Premio Nobel per la Pace.

Le nomination per il Nobel, che, come da tradizione, verrà assegnato ad Oslo il prossimo ottobre, si sono chiuse in queste ore: in attesa di conoscere la lista dei candidati, la petizione di Avaaz ha raccolto più di 650mila firme. Accademici, politici, ex premi nobel e, tra i religiosi, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, non hanno fatto mancare il loro sostegno all’iniziativa. Stando a quanto riportato dal «Guardian» docenti di Oxford, Princeton, Harvard, Cornell University e Copenaghen avrebbero già incontrato il ministro all’immigrazione Yiannis Mouzalas, incassando il pieno supporto del governo greco.

Solo nello scorso anno gli abitanti di Lesbo, Chio, Rodi, Kos, Leros hanno visto sbarcare sulle proprie coste più di 800.000 rifugiati. Nell’assordante silenzio dei media e della politica – avvezzi alle tragedie e all’uso strumentale delle medesime –, gli abitanti delle isole egee si sono spesso mobilitati in prima persona per garantire assistenza ai reduci del pericoloso viaggio dalle coste turche. Una tratta costata la vita a centinaia di uomini, donne e bambini.

Foto “Σκάλα Ερεσού Θέα από Βίγλα” di Tromios di Wikipedia in grecoOpera propria. Con licenza CC BY 2.5 tramite Wikimedia Commons.