schermata_2016-01-27_alle_13

27 gennaio: Bologna non dimentica

Nel settantunesimo anniversario della liberazione del campo di Auschwitz, Bologna inaugura questo pomeriggio il suo monumento alla memoria delle vittime della Shoah. Come dicono i bolognesi, il memoriale si trova “dietro alla stazione”, all’incrocio tra via dei Carracci e il ponte di via Matteotti. Il bando di concorso internazionale, lanciato appena un anno fa e presieduto da Peter Eisenman, autore del celebre memoriale di Berlino, metteva a disposizione una piazza nata “per caso” a seguito dei lavori imposti dalla linea ad alta velocità. Riempire di senso e storia uno spazio rimasto vuoto: questa, stando al bando, era l’occasione da cogliere.

Fortemente voluto dalla comunità ebraica bolognese e portato avanti con convinzione dalle istituzioni cittadine, il progetto vincitore, presentato dallo studio Set Architects, è stato realizzato in tempi record grazie ai finanziamenti della Regione Emilia-Romagna e il sostegno della Fondazione del Monte.

Di grande impatto visivo, la composizione, imponente e già da qualche tempo ben visibile dalla strada, ruota attorno a due blocchi d’acciaio alti una decina di metri, posti uno di fronte all’altro. Mentre si alzano verso il cielo, le basi dei rettangoli convergono in un cono di luce, fino a consentire il passaggio d’una persona sola. La trama interna, intessuta a celle, rimanda ai dormitori dei campi.

Positiva, in prospettiva ecumenica, l’annunciata partecipazione all’inaugurazione del neo-arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi e del presidente della Comunità Religiosa Islamica Italiana Shaykh Abd Al Wahid, entrambi lieti di questa novità architettonica; ma Bologna è altresì città della Resistenza, e certo non sorprende che il memoriale sia stato rivendicato con fierezza dalle laiche autorità cittadine. Il 25 gennaio, durante una seduta solenne convocata ad hoc dal Consiglio comunale, al fianco del sindaco Virginio Merola sedevano Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il prof. Sergio della Pergola, docente dell’Università ebraica di Gerusalemme, e la prof.ssa Adachiara Zevi, curatrice del progetto “Arte e memoria”. L’intervento di quest’ultima, ripreso in chiave polemica da un articolo uscito su Repubblica Bologna – intitolato con poca grazia “Ma la memoria non si nutre così” – riflette a ben vedere la vivacità del dibattito accesosi attorno a una porzione di paesaggio nota a tutti i bolognesi.

Secondo Elena Pirazzoli, bolognese, storica dell’arte e studiosa di temi memoriali, in città non vi è stata alcuna polemica sul valore della ricorrenza; al contrario, un maggior dibattito avrebbe dovuto svilupparsi prima, sulle modalità e sul luogo con cui dargli adeguata forma.

«Da un punto di vista artistico», ci spiega Elena che proprio oggi ha firmato sul tema una colta recensione per «il Mulino», «questo memoriale segna un passo indietro. Come ben spiega Zevi in Monumenti per difetto (Donzelli, 2014), le forme della memoria sono in continua evoluzione, e a fronte del carattere discreto, centrifugo, diffuso delle “pietre d’inciampo” collocate in altre città italiane, tra cui ad esempio Torino, è evidente che il memoriale di Bologna marca un ritorno alla gerarchia che tradizionalmente vige tra monumento e spettatore. A questo tema ha fatto riferimento la Zevi in Consiglio Comunale: ha parlato da esperta, discutendo la forma del ricordo, non la sua necessità».«Infine», conclude la studiosa, «dal 2 agosto 1980 la stazione di Bologna è già un luogo carico di memoria nazionale. Per quanto concerne gli spazi la sovrapposizione acceidentale delle memorie difficilmente dà buoni esiti. E la velocità di realizzazione non è un valore in sé».

Il pastore Michel Charbonnier, bolognese d’adozione, commenta in questo modo il dibattito cittadino:«Vengo da Trieste e devo dire che là il giorno della memoria è davvero un giorno di tutti. Qui a Bologna registro come positivo il fatto che il comune abbia avuto un ruolo attivo nella realizzazione del memoriale, perché deve essere chiaro che il 27 gennaio non è soltanto della comunità ebraica. In questo senso io ritengo significativa anche la scelta del luogo: la stazione dei treni di Bologna, un luogo importante, certamente carico di profondità storiche. Per parte mia, non credo che una memoria ne annulli un’altra; se ciò accade è colpa nostra, di come ci educhiamo alla memoria collettiva».

Foto “Bundesarchiv Bild 175-04413, KZ Auschwitz, Einfahrt” di Bundesarchiv, B 285 Bild-04413 / Stanislaw Mucha / CC-BY-SA 3.0. Con licenza CC BY-SA 3.0 de tramite Wikimedia Commons.