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Pronto il nuovo campo per rifugiati a Calais

Per la fine di gennaio saranno terminati i container riscaldati messi a disposizione dei migranti a Calais: i primi occupanti sono già entrati lunedì scorso mentre lo Stato francese cerca di convincere innanzi tutto i migranti ad allontanarsi dalla costa e a rinunciare ad andare in Gran Bretagna.

Annunciato dal primo ministro Manuel Valls a fine agosto 2015, questo campo umanitario gestito dall’associazione “La vie active” e sostenuto dallo Stato, metterà al riparo 1500 dei 4000 migranti presenti in questo momento nella regione, a cui si aggiungono i 400 posti offerti a donne e bambini nel centro diurno di Jules-Ferry.

Questo centro provvisorio d’accoglienza (Cap) è composto da 125 container da 12 posti ciascuno di 14 metri quadri; una soluzione, ha commentato il direttore della Vie active Stéphane Duval, spartano ma funzionale. Ciascun prefabbricato è attrezzato con termosifoni, prese elettriche e persino delle culle per i neonati. Non mancano i “container della convivialità”, dove i migranti possono ritrovarsi per passare del tempo insieme. Il campo è chiuso da un reticolato ma gli ospiti potranno entrare e uscire liberamente giorno e notte. Per identificarsi, avranno un codice di accesso “ma non sarà presa nessuna impronta digitale”, assicurano.

Le autorità non nascondono più la volontà di limitare il numero dei rifugiati a Calais. Molti vengono spinti a trasferirsi in uno dei 78 centri di accoglienza e orientamento del territorio (Cao) e a fare domanda d’asilo, perché la concentrazione a Calais di persone che cercano di passare la Manica ha portato a tensioni fra forze dell’ordine, migranti e cittadini.

Le associazioni locali stimano che il campo vada nella direzione giusta, offrendo un riparo al caldo per chi ne ha bisogno, ma c’è anche chi avanza obiezioni, sottolineando che questo non sarà un luogo di vita vero e proprio ma soltanto un dormitorio, come ha osservato il presidente dell’Auberge des migrants, Christian Salomé.

Il nuovo campo vuole offrire soluzioni alternative a chi ha trovato rifugio nella “giungla”, come viene chiamata la bidonville che si costituita vicino all’ingresso del tunnel della Manica all’inizio del 2000. Con la crescita della crisi migratoria verso l’Europa, questo assembramento ospita ormai seimila persone, provenienti da Siria, Libia, Iraq, Sudan, Eritrea e Afghanistan, che vi sopravvivono in condizioni molto precarie.

Images ©iStockphoto.com/Alicia_Garcia