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Il Giappone si scusa con la Corea per le “donne di conforto”

La seconda guerra mondiale appare un ricordo sempre più sbiadito, relegato ai libri di testo, ora che ad uno ad uno i testimoni di quella immane tragedia stanno scomparendo.

Ma gli effetti di un disastro tanto esteso si fanno ancora sentire oggi nei delicati equilibri socio politici di certe aree del mondo, nelle tensioni fra popolazioni separate da confini spesso disegnati a tavolino, nelle difficili relazioni fra certi governi. E gli effetti si fanno sentire anche nelle storie apparentemente di contorno, ma che una ad una formano l’architrave degli orrori che hanno reso possibile quel sonno della coscienza collettivo che ha prodotto 60 milioni di vittime.

Giappone e Corea del Sud hanno relazioni molto complicate proprio a causa della feroce dominazione nipponica sulla penisola coreana. Uno dei fardelli da colonia consisteva nella “fornitura” delle “donne di conforto”, locuzione ipocrita che indica le migliaia di ragazze e donne coreane deportate in ogni angolo dell’impero del Sol levante al fine di dare sollievo alle truppe impegnate in operazioni belliche.

Prostituzione forzata, moderno schiavismo, ecco la verità. 400 mila donne secondo le stime coreane, dieci volte meno secondo quelle giapponesi, i cui governanti mai hanno reso noti gli archivi ufficiali. Donne costrette ad un’esistenza che di umano ha poco: prima vittime di stupri e violenze, in seguito condannate ad esser dimenticate, alla proscrizione, sia in Giappone che in patria. Tutti volevano dimenticare, andare oltre, non guardare. E in questo modo una intera generazione è stata condannata all’oblio per cancellare dal diario della storia una delle pagine più vergognose. Si deve all’ostinazione di alcune di queste sopravvissute se la loro diaspora ha potuto risalire i fiumi dell’oblio per arrivare prima sulle pagine dei giornali e poi sui taccuini dei politici.

Ora, a 71 anni dalla fine della guerra e della dominazione nipponica, il governo giapponese ha stabilito un risarcimento danni di circa 1 miliardo di yen, pari a 8 milioni e mezzo di euro, per garantire il maggior benessere possibile alle sopravvissute. Che oramai non sono certo molte e con un pugno di anni da vivere davanti a sé: si stima siano una cinquantina le donne ancora in vita. In extremis quindi, ma in grave ritardo nei confronti della storia, anche questa pagina vergognosa sembra possa essere voltata. E intanto un risultato positivo è già stato ottenuto: la ripresa di dialoghi e negoziazioni fra le due potenze asiatiche.

Foto “Soldiers from the Un’yō attacking the Yeongjong castle on a Korean island (woodblock print, 1876)” by Unknown. – Kōichi Hagiwara (2004) 図説 西郷隆盛と大久保利通 [Illustrated Life of Saigō Takamori and Okubo Toshimichi], Tokyo: 河出書房新社 [Kawade Shobō Shinsha] ISBN: 9784309760414.. Licensed under Public Domain via Commons.