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Se l’hot spot produce clandestinità

Per comprendere bene il dispositivo della frontiera, occorre avere la possibilità di osservare quali effetti questo produce sulle persone che l’attraversano. Per questo oggi è importante osservare Lampedusa, laboratorio dell’Europa che verrà, dove è nato il primo Hot Spot, luogo in cui le persone salvate in mare vengono smistate, etichettate a seconda delle nazioni da cui provengono o da cosa dichiarano. E’ qui che si sceglie tra rifugiato e migrante economico. Così alcune persone sono indirizzate nei percorsi di ricollocamento, altre rischiano di finire nella strada della clandestinità. Le contraddizioni di un intero continente incapace di avere una politica comune sulle migrazioni, qui assumono concretezza e si manifestano più che in un qualsiasi altro luogo. Il buco nella rete attraverso il quale i migranti “scappano” dall’Hot Spot, con la tolleranza delle forze dell’ordine, è la metafora di questa contraddizione. E’ come se tutti inconsciamente sappiano che chiudere quel buco potrebbe riportare indietro nella storia, potrebbe voler significare mettere un coperchio ad una pentola che bolle, con la possibilità che questo salti di nuovo, esattamente come è già avvenuto in passato.

L’Europa però non vuole questo scarto, vuole e pretende impronte, nel mentre alza muri e filo spinato un po’ da tutte le parti. Così un’isola militarizzata muta nel silenzio il suo destino di giorno in giorno con indifferenza. Se prima Lampedusa salvava vite ora separa, cancella dalla scena pubblica i migranti a seconda delle stagioni senza che mai queste persone possano prendere parola. Sono stati gli eritrei che hanno per qualche ora manifestato nelle strade della città a contestare questo schema, a dire che loro non vogliono dare le impronte se questo vuol dire rimanere bloccati in Italia. La loro protesta continua, ed il ricatto sottile che subiscono è che non lasceranno l’isola se non appoggeranno le loro dita sullo scanner.

E’ una situazione paradossale, perché a protestare in questi giorni sono state le persone che avranno protezione e possibilità di chiedere asilo, mentre gli altri, come ad esempio i nigeriani che le impronte le lasciano per rimanere nel nostro paese, a quanto pare non hanno possibilità alcuna di far richiesta di asilo. Al di là delle solite dichiarazioni politiche che lasciano il tempo che trovano, il dato che emerge è che gli Hot Spot sono una fabbrica della clandestinità. Aver pensato poi di fare di Lampedusa l’Hot Spot più grande d’Europa vuol dire non avere chiara la fragilità sociale di un’isola di confine. Esporla di nuovo a tensioni. C’è qualcosa di diabolico nel soccorrere una persona in mare e poi farla firmare in una lingua ad essa incomprensibile una dichiarazione che la etichetta come migrante economico anziché richiedente asilo. Per fare questo ci vuole coraggio, oppure ci vuole che ognuno reciti la sua parte in maniera tale che la responsabilità alla fine non sia di nessuno.

A raccontarci tutto questo in questi giorni sono state diverse persone, l’ultimo un ragazzo nigeriano giovanissimo che ha bussato a tarda notte alla porta del nostro ufficio. Ci siamo trovati davanti una persona che non riusciva per la disperazione a far uscire le parole dalla bocca, malediceva se stesso per aver firmato un foglio dove non sapeva cosa c’era scritto. Ci ha raccontato piangendo una storia tremenda, dove abbiamo capito che la sua vita nel suo paese d’origine era in serio pericolo. Ci ha detto che quando gli è stato messo davanti il foglio delle dichiarazioni lui era stanco, e non ha avuto il coraggio di dire di no. Ci ha detto che ha chiesto più volte di poter visionare cosa c’era scritto, ma le sue richieste sono state respinte. Abbiamo provato con lui a segnalare il fatto alle associazioni preposte, ma la situazione non è cambiata. Ci ha chiamato il giorno dopo che era partito da Lampedusa dicendoci di essere stato lasciato solo nella notte in una città che non conosceva. Senza informazioni ma con un foglio dove gli veniva intimato di raggiungere Fiumicino Aeroporto entro 7 giorni. Con Google Map siamo riusciti a capire che era Agrigento. Fortunatamente abbiamo trovato un avvocato che proverà a fare ricorso contro il respingimento. Abbiamo chiamato la Caritas di Agrigento e ci hanno detto che questa situazione si ripete da settimane, e che loro non riescono più a far fronte a persone lasciate in mezzo alla strada. Se questi sono i primi effetti dell’Hot Spot c’è seriamente di che preoccuparsi.

Foto via Flickr di Noborder Network | Licenza CC BY 2.0