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Tempi duri per la libertà di coscienza

Perseguitati, imprigionati, talvolta uccisi a causa di quello che credono. Non stiamo parlando di martiri della fede ma dei tanti atei, umanisti o in generale non aderenti a nessuna religione che non possono esprimere liberamente il proprio pensiero o sono discriminati nella vita di tutti i giorni. Secondo The Freedom of Thought, il rapporto annuale pubblicato dall’International Humanist and Ethical Union (Iheu), un’organizzazione non governativa accreditata presso le Nazioni Unite, la situazione per i non credenti è peggiorata nel corso del 2015.

«Abbiamo registrato un incremento di comportamenti e discorsi che contenevano un incitamento all’odio. Diversi presidenti hanno dichiarato che l’umanesimo e il liberalismo rappresentano una minaccia per il proprio Paese e hanno approvato delle leggi in cui l’ateismo è definito come terrorismo. Quest’anno constatiamo che questa retorica si è trasformata in persecuzioni effettive, anche con il ricorso a punizioni», ha dichiarato il presidente dell’Iheu Andrew Copson.

Un certo numero di persecuzioni menzionate nel rapporto hanno un’eco nei media – come nel caso dei blogger uccisi in Bangladesh – ma il documento mette in luce anche casi meno conosciuti, come quello dello studente egiziano, condannato a un anno di lavori forzati perché si era dichiarato ateo su facebook. L’Europa non fa certo una bella figura: fra i paesi segnalati con “gravi violazioni” compaiono anche l’Italia (per la disparità di trattamento fra cattolici e non cattolici e l’assenza di una legge sulla libertà religiosa) e la laicissima Francia. Si salvano Belgio (anche se la chiesa cattolica riceve la maggior parte dei contributi destinati alle confessioni e alle associazioni riconosciute dallo Stato), Olanda e Norvegia. In Asia, si distingue per correttezza e rispetto della libertà di pensiero l’isola di Taiwan.

Il rapporto conclude che riconoscersi non credenti è un diritto fondamentale e come tale va tutelato, segno non di decadenza morale ma di una società libera.

Foto via Pixabay