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Regolamento “anti-burqa” nelle strutture della Regione Lombardia

A volte basta un provvedimento inutile per soffiare sul fuoco della paura per il diverso. In Lombardia, la giunta a maggioranza leghista guidata da Roberto Maroni ha appena approvato un aggiornamento del regolamento in vigore in tutte le strutture che dipendono dalla Regione, dagli ospedali alle asl alle sedi del Consiglio, secondo il quale sarà impedito l’ingresso a chi si presenti con il volto coperto.

Non c’è un riferimento esplicito alle donne musulmane che portano il burqa o il niqab ma è evidente che proprio a loro si è pensato nella stesura del documento: il personale degli uffici, viene ribadito, obbligherà chiunque a scoprirsi il viso prima di entrare. Critico il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che ha sottolineato non soltanto l’inutilità di una norma che appare ridondante visto l’esistenza di una legge, ma anche l’inopportunità di un provvedimento che, soprattutto in questo momento, suona propagandistico e foriero di nuove divisioni e diffidenze. Maroni, senza nominare la religione islamica, ha ribadito che si tratta soltanto di esplicitare una raccomandazione che si trova nella legge nazionale. Più esplicita l’assessora alla Sicurezza della Regione Simona Bordonali, che ha parlato proprio di «burqa, niqab, così come passamontagna e caschi integrali». D’altronde il provvedimento arriva in seguito a un’interrogazione presentata dal consigliere leghista Fabio Rolfi proprio a proposito di una donna fotografata in ospedale con il velo integrale.

In Italia, a differenza di altri paesi, non c’è una legge sull’uso del burqa o niqab: non esiste quindi nessun divieto specifico ad indossarlo. La legge a cui si fa riferimento è quella del 22 maggio 1975, n. 152, detta anche legge Reale-Mancino in materia di ordine pubblico, che all’articolo 5 vieta di coprire il volto in luoghi pubblici «senza giustificato motivo». «È in ogni caso vietato l’uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino», è specificato. Concepita negli anni di piombo, la legge all’epoca pensava al pericolo dei volti coperti dei terroristi di casa nostra. Ultimamente invece sono state presentate domande di modifica per inserire un esplicito riferimento al velo integrale: una proposta di legge in questo senso, del 2008, a firma Binetti e Santanché, si arenò dopo il primo sì a Montecitorio per l’opposizione del Pd. In una sentenza del 2012 della Procura di Torino il pm Paolo Borgna archivia la questione, sollevata da un esposto nei confronti di una donna di origine egiziana, sostenendo che il niqab o burqa appartiene alla tradizione di alcuni Paesi islamici e non viola la legge Reale a condizione che, se richiesto dalle autorità, la donna si scopra almeno il volto. Il diritto di manifestare in qualsiasi forma la propria fede e la propria appartenenza religiosa è un diritto costituzionale e va tutelato.

Ora, sfruttando le congiunture politiche, la Regione Lombardia rimette sul tappeto la questione. La delibera approvata dalla giunta Maroni prevede che le strutture adeguino le nuove disposizioni entro il prossimo 31 dicembre.

Foto “Niqab” di Marcello Casal Jr/ABr. – Agência Brasil [1]. Con licenza CC BY 3.0 br tramite Wikimedia Commons.