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Un popolo in cammino per avere un avvenire e una speranza

Quarantanove morti negli ultimi sei mesi: è la cifra dei morti a Napoli causati, direttamente o indirettamente, dalla camorra. Cifre che segnalano anche un aspetto preoccupante: la maggior parte di queste morti passa quasi inosservata. Si ritiene in genere che le vittime degli omicidi siano, tutto sommato, consapevoli delle proprie decisioni, delle proprie scelte. Sono vittime che probabilmente sono state o sarebbero diventate a loro volta carnefici di qualcun altro, perché affiliati a famiglie camorriste. Sono vittime di una guerra interna che sembra non volersi fermare più. Ed è una guerra che causa, come tutte le guerre, vittime innocenti. Periodicamente si eseguono decine di arresti nel quartiere Forcella, arresti che lasciano dei vuoti sul campo. E i giovanissimi che scalpitano vogliono occupare questi spazi per accelerare la scalata verso il potere. E la guerra colpisce sempre più proprio loro, i giovani, quelli che purtroppo ricevono solo un modello da seguire: il capo clan.

È in questo quadro, tratteggiato troppo schematicamente, che hanno deciso di intervenire e manifestare i parroci dei quartieri più a rischio di Napoli: Forcella, Sanità, Scampia. Nella realtà non è stata una manifestazione solo per alcuni quartieri o solo per alcune vittime della camorra. L’appello è stato rivolto a tutta la cittadinanza perché si esca dall’immobilismo che è complice del degrado e si possa diventare «un popolo in cammino» verso un futuro che crei non solo delle speranze, ma delle concrete possibilità di riscatto in particolare per i/le giovani di Napoli.

Come chiese evangeliche non potevamo non rispondere all’invito, e siamo scesi anche noi per le strade, unendo anche il nostro striscione, portato dai giovani richiedenti asilo ospitati presso la chiesa di Portici, a quello delle tante associazioni che erano presenti il 5 dicembre alla manifestazione. Abbiamo anche motivato con un volantino non solo il perché del nostro essere lì, ma anche quali sono le nostre aspettative e le richieste che vengono presentate alle istituzioni:

«Le comunità evangeliche di Napoli si associano all’iniziativa innanzitutto perché anche noi siamo parte di questo popolo che cerca giustizia, pace e vita. Condividendo i sentimenti di sdegno dinanzi alla passività con la quale si accettano le morti violente che si susseguono in modo allarmante,

  • Auspichiamo che da parte delle istituzioni siano prese quelle iniziative che possono educare i/le nostri/e giovani alla legalità, sconfiggendo la logica della violenza e della sopraffazione, allontanandoli da una cultura della morte.

  • Come comunità evangeliche esprimiamo la nostra volontà di testimoniare l’Evangelo di Cristo che chiama tutti/e al ravvedimento e ad una vita improntata alla fraternità ed al sostegno reciproco.

Sono anche per noi le parole tratte dal libro del profeta Geremia: “Io so i pensieri che medito per voi”, dice il Signore: “pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza”. (Ger. 29:11). Un “avvenire” che vogliamo assicurare anche ai/lle nostri giovani e alla nostra città.

L’esigenza del lavoro diventa prioritario accanto a quella dell’istruzione. Tra le richieste avanzate dagli organizzatori della manifestazione spicca tra tutte proprio quella di maggiori investimenti per l’istruzione: «Abbiamo bisogno di scuole. Nella nostra regione un ragazzo su quattro non va a scuola e non esistono finanziamenti per il diritto allo studio. I costi dell’istruzione sono troppo alti. Chi abbandona la scuola è facile vittima del sistema criminale. Abbiamo bisogno di risorse per il diritto allo studio e scuole aperte al territorio anche di pomeriggio».