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Non c’è ecumenismo senza libertà di coscienza

«Dopo gli attentati di Parigi sono aumentate le presenze al culto di un buon 30%, sia a Saint-Raphaël che a Draguignan, due delle comunità che io servo. Questo perché evidentemente molti si sentono smarriti, faticano a trovare risposte davanti a tanta violenza, e hanno voglia di riunirsi in preghiera, recuperare una spiritualità che in qualche maniera possa fornire una chiave di lettura agli avvenimenti che viviamo. Porsi di fronte a Dio come uomini e donne, peccatori che sanno di potersi affidare ad un Padre misericordioso capace di dare speranza».

A parlare è Stefano Mercurio, pastore in questa fetta di Costa Azzurra da poco più di un anno, dopo aver prestato servizio per 4 anni più a ovest, a Saint Hippolyte du Fort, nelle Cévennes, la culla del protestantesimo francese.

Palermitano del quartiere della Noce, classe 1971, Mercurio ci aiuta a comprendere meglio cosa hanno significato certi tragici fatti per la Francia e per i fedeli dell’Eglise Protestante Unie de France, l’Epudf, che raggruppa trecento mila fedeli circa in tutta la nazione, compresi i 40 mila luterani che dal 2012 fanno parte della stessa comunità di fede, al termine di un’integrazione dai caratteri simili a quella avvenuta 40 anni fa fra valdesi e metodisti in Italia. Sono le 9 della mattina a Draguignan, l’aria gelida fa da contraltare ad un cielo senza una nuvola. Il tempio della cittadina che ospita una delle principali guarnigioni dell’esercito francese non è di grandi dimensioni, ma i suoi banchi sono tutti pieni. E’ la prima domenica di avvento e in chiesa si canta, si predica attorno al tema dell’annunciazione. Stefano poi beve al volo il caffè che come un rito collettivo, questa volta pagano, sancisce la fine della cerimonia: deve saltare in auto e scendere verso Saint-Raphaël, 40 chilometri per arrivare in tempo a celebrare il culto delle 11. Una vita di corsa: «Ma no, in realtà non è proprio così. Nell’Epudf si lavora molto in équipe; qui siamo ad esempio tre pastori a coprire un’area relativamente vasta. Esiste un’ottima organizzazione che ci consente di gestire le nostre forze e trarre il meglio dai nostri membri di chiesa». Che qui non vengono conteggiati singolarmente, ma come foyer, come nuclei familiari. «Fra Saint Raphael e Saint Tropez, corrispondenti  ai due estremi del nostro distretto, contiamo circa 450 foyer, un buon numero. Molti provengono da altre aree del paese e sono venuti qui al termine della carriera lavorativa per vivere in una delle zone più belle e dal clima migliore della Francia. E magari sono stati seguiti dai figli e dai nipoti». 

È anche la domenica dell’apertura dell’attesissima conferenza parigina sul clima, la Cop21 questo 29 novembre, e il pastore Mercurio nella sua predica augura proficui risultati a tutti coloro che sono impegnati in queste trattative complicate, essenziali per la sopravvivenza del pianeta. L’ambiente è da molti anni fra i cavalli di battaglia del mondo protestante europeo. Questa domenica papa Francesco inaugura l’anno santo del mondo cattolico aprendo la porta santa della cattedrale di Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana: anche per lui e i suoi sforzi viene invocata la benedizione del Signore, inusuale ma toccante da ascoltare in un tempio protestante. L’ecumenismo che non appare solo un’operazione di facciata va ancora oltre, e si concretizza nella vicinanza alla locale comunità islamica la cui moschea, un ex magazzino dell’agenzia elettrica municipale, è stata imbrattata da disegni di maiali e da scritte offensive: «ciascuno ha diritto di esercitare tranquillamente la libertà di culto. La libertà  di coscienza è il pilastro di tutte le nostre libertà. Il ripiegamento identitario è una minaccia alla coesistenza pacifica nelle nostre città» si legge nel comunicato ufficiale di solidarietà della chiesa locale.  «Il nostro sforzo di dialogo fra tutte le componenti della società non verrà mai meno – continua Mercurio – ; è parte del nostro intendere la missione cristiana. Il segnale più bello e significativo la stanno fornendo molte famiglie protestanti, qui e in tutta la nazione, aprendo le porte agli stranieri, ai rifugiati, ai migranti. La diaconia locale, l’Entraide, sta coordinando domanda e offerta di posti di ricovero, e mi pare questa la migliore risposta alla chiusura, alla diffidenza per non dire all’odio cui molti discorsi tendono, a partire da quelli dei politici locali e nazionali. Non è chiudendo moschee o evitando di conoscere il nostro vicino che si rende un buon servizio alla società, che è un’entità in continua mutazione, che ci piaccia o no». 

La colonia di pastori italiani “esuli” in queste zone conta altri due membri, Paolo Morlacchetti a Nizza e Giovanni Musi fra Antibes e Cagnes. «Ci state colonizzando», scherzano con noi alcuni membri di chiesa alla fine del culto, in realtà felici di potersi confrontare con realtà e formazioni differenti dalla propria. 

La settimana passata si è tenuto il Sinodo regionale dell’Epudf, il cui clima generale è stato segnato dai recenti attentati. «Il momento maggiormente commovente si  è avuto con la lettura da parte di Laurent Schlumberger, presidente dell’Epudf, dei messaggi di tutte le chiese cristiane che ci hanno voluto scrivere per manifestarci solidarietà. (Si veda a tal proposito la corrispondenza del pastore Claudio Pasquet, delegato per la Chiesa valdese al Sinodo). Dal Congo alla Siria fino al Libano, comunità afflitte da situazioni interne drammatiche, a rischio di sopravvivenza, ci tenevano a far sentire  a tutta la Francia la propria vicinanza. È stato un momento veramente commovente, segnale ulteriore dell’unità che Cristo sa regalarci».

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