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Meno vincoli per i nuovi luoghi di culto

Meno vincoli nella costruzione di nuovi luoghi di culto. E’ la promessa del presidente indonesiano Joko Widodo, eletto nel luglio del 2014, primo capo di stato del grande paese asiatico a non appartenere né alle tradizionali famiglie dell’ élite politica né ad essere un generale delle forze armate.

La più popolosa nazione a maggioranza musulmana del mondo, 250 milioni di abitanti, l’86% dei quali di fede islamica, tenta quindi un processo di modernizzazione, mettendo mano ad uno degli aspetti maggiormente controversi della propria politica interna. E lo fa andando a riformare le norme che regolano la nascita di edifici dedicati alla preghiera.

In sostanza fino ad oggi per veder approvata una nuova costruzione si rende necessaria la raccolta di almeno 99 firme fra i fedeli della zona interessata e di almeno 60 fra i residenti, con placet finale da parte del responsabile amministrativo dell’area. In molte zone rurali della nazione esporre apertamente la propria religione presentava e presenta forti rischi, soprattutto negli ultimi anni, per cui spesso la raccolta di adesioni si è rivelato un ostacolo insormontabile, di fronte alla furia fondamentalista di gruppi in armi.

Emblematici in questo senso, come riportato dal sito asianews, i casi del tempio pentecostale Hkbp Filadelfia e della Yasmin Church, tenute chiuse per anni dalle autorità locali con pretesti vari, nonostante le sentenze della corte suprema che ne chiedevano l’apertura in nome della tutela dei diritti delle minoranze. I fedeli delle due chiese hanno messo in atto nel tempo moltissime proteste, fra cui la celebrazione di diversi culti all’aperto, davanti al palazzo presidenziale nella capitale Jakarta, perché nessuno potesse affermare di non essere a conoscenza della questione.

Tecnici e politici sono al lavoro: possibile un forte riduzione, se non un’abolizione, della raccolta firme.

Se approvata la nuova legge sarebbe un ulteriore passo verso quel cammino di distensione promesso dal nuovo corso del presidente Widodo, che in estate ha già abolito l’obbligo di indicare la propria fede sui documenti d’identità, altro strumento discriminatorio che portava moltissimi cittadini a professarsi della religione maggioranza nel paese, nel timore di discriminazioni, ed al contempo ha concesso dignità di esistenza alle religioni indigene per lo più di derivazione animista e sciamanica, riconoscendone i culti.

Sono oltre 50 milioni gli indonesiani appartenenti a gruppi etnici minoritari, divisi in circa 2 mila comunità: quasi tutti si sono sempre professati musulmani, sia perché il proprio credo non era riconosciuto sia per assimilarsi alla cultura dominante, evitando guai.

Foto via Pixabay