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Il salario frodato grida

Il titolo di un articolo di giornale di qualche giorno fa dichiarava: «Da oggi (1° novembre) le donne lavorano gratis». L’articolo della sociologa Chiara Saraceno dimostrava che la disparità salariale tra uomini e donne, in Europa, è tale per cui, a parità di lavoro, le donne guadagnano in meno il corrispondente di due mesi l’anno. Nello stesso giorno, leggevo nella cronaca locale di una donna anziana, pensionata, colta in un supermercato di Prato a rubare cibo ma non denunciata perché gli stessi agenti di polizia che avrebbero dovuta arrestarla hanno pagato il conto per lei.

Proprio in queste settimane, ci viene riferito che ci sarebbe una inversione di tendenza rispetto al progressivo impoverimento della popolazione italiana. Lo speriamo con tutto il cuore e da credenti preghiamo per questo anche per le tante conseguenze che la condizione di indigenza provoca nella vita interiore delle persone.

Ma il problema non è solo la mancanza di lavoro, ma anche di che tipo di lavoro. I lavori precari e a bassa remunerazione possono anche non risollevare mai dalla condizione di povertà, specialmente in presenza di una bassa intensità di occupazione in famiglia. Il problema, infatti non è semplicemente il lavoro a basso salario, offerto ai giovani all’ ingresso nel mercato del lavoro, ma la mancanza di prospettive di miglioramento. La povertà non è più un dato transitorio da cui si ci può affrancare lavorando, ma diviene strutturale e permanente. I working poor sono una nuova categoria sociale, che al suo interno presenta una triste gerarchia. Chi ha a carico membri di una famiglia con disoccupati è più esposto di chi non ne ha, le donne più degli uomini, le donne separate o divorziate più degli uomini separati, gli immigrati più degli italiani, le donne immigrate più degli uomini immigrati e così via. Una scala di discesa agli inferi di una povertà che genera depressione e risentimento generalizzato.

Se i risultati economici confermeranno i segnali di ripresa dell’Italia, non potremo che rallegrarcene. Ma bisognerà che insieme alla questione dell’occupazione, al centro del dibattito politico ritorni presto anche la «qualità del lavoro», perché diversamente le condizioni di povertà potrebbero rimane invariate.

Noi credenti che abbiamo il nostro riferimento nella Bibbia non possiamo dimenticare che gli ebrei in Egitto, di cui parla il libro dell’Esodo non erano disoccupati. Lavoravano, eccome! Ma quel lavoro anziché generare libertà aumentava la loro condizione di privazione. Anche nel Nuovo Testamento, ecco quanto scrive nella sua lettera Giacomo, fratello di Gesù, a coloro che accumulano ricchezze smisurate: Il salario da voi frodato, ai lavoratori che hanno mietuto i vostri campi, grida; e le grida di quelli che hanno mietuto sono giunte agli orecchi del Signore. 

Foto: “Callcentre“. Licensed under Public Domain via Commons.