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Fusione di comuni in val Pellice? Meglio l’Unione

Dopo l’incontro con i cittadini della settimana scorsa, ieri sera a Torre Pellice, in quella che fu la sede storica della Comunità montana val Pellice, i promotori della proposta di fusione in un unico Comune dei 9 esistenti (Bobbio, Villar, Torre Pellice, Luserna San Giovanni, Angrogna, Rorà, Lusernetta, Bricherasio e Bibiana), hanno incontrato gli amministratori. Per spiegare loro la proposta di fusione, portando gli esempi di altre realtà, come l’emiliana Valsamoggia, ma soprattutto per ascoltare gli amministratori e le loro idee, proposte e dubbi. I buoni propositi si sono scontrati naturalmente con la realtà, la dura realtà di una valle che probabilmente non ha nessuna intenzione di lavorare insieme. O quantomeno di lavorare completamente insieme. Perchè alcuni esempi virtuosi di comuni che collaborano già esistono o stanno per iniziare questo percorso di accorpamento di servizi imposto dalla legge.

In uno stato democratico il confronto è una prerogativa essenziale e quindi anche l’essere disposti a confrontarsi è fondamentale. Peccato quindi per i sindaci di Lusernetta, Villar Pellice, Bricherasio e Bibiana che hanno preferito non essere presenti (alcuni rappresentanti delle minoranze invece sono anche intervenuti).

Più che sulla fusione gli interventi si sono concentrati sull’Unione di Comuni, nata nel 2013 ma non ancora decollata (partirà, finalmente, a inizio 2016). Un ente imposto dall’alto che nel caso della val Pellice si estende a un territorio molto vasto che va oltre i comuni della val Pellice comprende zone molto diverse come Cantalupa, Frossasco, Prarostino, Roletto, San Pietro Val Lemina, San Secondo di Pinerolo.

Secondo Duilio Canale, sindaco di Luserna San Giovanni e presidente dell’Unione, «I fondi per questa Unione derivanti dallo Stato e dalla Regione non sono molto lontani dai 10 milioni previsti dalle ipotesi di Legambiente nel caso di fusione e inoltre questo ente è già nato, con mille difficoltà, e aspettiamo di vedere come riuscirà a gestire il territorio».

Nell’Unione cambia però radicalmente il concetto, mantenendosi vive le municipalità così come sono oggi e avendo solo un ente superiore. Con la fusione invece il centro decisionale sarebbe uno solo, votato però ad ascoltare le richieste delle varie municipalità che a loro volta dovrebbero ascoltare il territorio (le borgate). Fra i vari interventi interessante quello di Marinella Roman (assessore a Luserna S.G.) che ha evidenziato «come sia importante dare spazio a un progetto che nasce dal basso, democratico». Ermanno Marocco e Patrizia Geymonat, sindaci rispettivamente di due piccoli comuni montani, Rorà e Bobbio Pellice hanno entrambi ammesso che «il processo di fusione è inevitabile, ma bisogna rivedere le forme e pensarci attentamente in quanto fino ad ora ci siamo concentrati solo sulle Unioni».

Un clima propositivo ma ancora ancora al lavoro svolto fino a questo momento. L’esempio portato dai promotori di Legambiente (assieme ad altre 10 associazioni) che sta organizzando un comitato ad hoc, parla proprio di una Unione di Comuni della Valsamoggia che non ha risposto alle esigenze del territorio e si è trasformata in fusione. Il problema maggiore sono tempi. Siamo ormai in ritardo rispetto a molte altre zone d’Italia e quindi il rischio è quello di arrivare in ritardo per quanto riguarda gli incentivi messi in campo dallo Stato, che sono una cifra stabilita, non più aumentabile.

Soddisfatti oltre le loro aspettive Davide Gay e Andrea Crocetta, i due portavoce delle associazioni che hanno presentato il progetto.

Foto: Val d’Angrogna, archivio Rbe