800px-plan_vigipirate_en_gare_de_strasbourg_19_aout_2013_05

Parigi si risveglia in silenzio

Dopo la tragedia del 13 novembre la vita riprende lentamente a Parigi. In questi giorni migliaia di persone si sono riunite nelle piazze e sui luoghi delle stragi per commemorare le vittime, ma molti altri sono rimasti chiusi in casa. Mentre continuano le indagini per la ricerca dei colpevoli, tra lo sciacallaggio mediatico e le controproducenti generalizzazioni, diverse religioni e confessioni, in Francia e nel mondo, hanno reagito ai fatti condividendo messaggi di solidarietà e di condanna all’odio e alla violenza. Laura Casorio, del Defap, servizio missionario della Chiesa protestante unita, dell’Unione delle Chiese protestanti di Alsazia e Lorena e dell’Unione nazionale delle Chiese riformate evangeliche di Francia, ha commentato con noi l’attualità e le notizie, direttamente da Parigi.

Come si è parlato di questi fatti a livello popolare e a livello mediatico?

«La tragedia si è verificata un venerdì sera in una zona di Parigi che è frequentata normalmente da chiunque decida di uscire a cena: una zona centrale, cosa che ha toccato nel profondo l’anima di tutta la gente che abita qui o che conosce la città. A livello mediatico il modo di raccontare le cose è stato molto diverso da quello italiano, come ho potuto percepire dai commenti di amici in Italia: senza immagini macabre o che avrebbero potuto mettere in pericolo le persone o ostacolare le indagini in corso. Le trasmissioni in diretta di analisi e commento si sono moltiplicate, ma sempre con questa attenzione».

Pensavamo che con Charlie Hebdo ci sarebbe stato un prima e un dopo. Questi attentati hanno azzerato tutto?

«Charlie Hebdo aveva colpito nel profondo alcuni valori alla base della democrazia francese, come la libertà di espressione, di satira o di stampa. La Francia ha un livello di allerta piuttosto elevato da anni, dopo i fatti di gennaio era stata potenziata la Vigipirate, corpi speciali, con misure di sicurezza rafforzate. Ma questo evento ha raggiunto il modo di vivere del francese medio, nei luoghi di svago della sera si è voluto colpire il quotidiano della popolazione, quando Charlie Hebdo era stato un obiettivo mirato dal punto di vista politico. Questo ha delle ripercussioni importanti sullo stato di shock e sulla difficoltà di comprensione e contestualizzazione di quello che è successo. Non dimentichiamoci che la Francia è un paese in guerra su molti fronti: da Boko Haram in Africa centrale e occidentale, alla Siria. Dunque è ovvio che questa scelta abbia delle ripercussioni, cosa che non è negata da nessuna delle autorità francesi».

Come si parla dell’impegno politico e militare della Francia?

«La paura e lo sgomento sono predominanti e la conoscenza a fondo delle questioni di politica internazionali non è così familiare alla maggioranza della popolazione, però sui media si fa riferimento a questi aspetti con riferimenti di esperti non necessariamente con esponenti politici o di governo. Chiaramente le dichiarazioni ufficiali sono di ferma reazione e condanna, e di conferma di tutti gli impegni presi anche a livello militare. Le indagini non sono ancora finite, ed è ancora presto per l’autorità per fare un’analisi completa e scriverla in un programma politico definito. Ovvio che la polemica politica tra i partiti di maggioranza e opposizione è molto presente, ma riguarda il contesto politico francese, che andrà alle elezioni regionali tra poco».

Come ha reagito il mondo religioso?

«Intanto parlare di questi fatti come di terrorismo islamico indica una connotazione che facilita la generalizzazione e l’acuirsi dell’odio religioso trasversale. Quello che colpisce molto, e che non viene enfatizzato, è l’azione degli Imam di Parigi che insieme si sono recati sui luoghi del delitto, hanno pregato e hanno intonato l’inno francese. La comunità musulmana francese ha portato la propria solidarietà a compatrioti e a persone in sofferenza, proprio cercando di dimostrare che l’essere cittadino è un valore in più rispetto alla diversità religiosa. Molti si sono uniti nel canto dell’inno: c’è anche una Francia che sa vedere le cose in maniera diversa, ad un livello superiore rispetto alla generalizzazione data dallo shock. Le chiese protestanti hanno emesso dei comunicati, la missione popolare ha fatto lo stesso, e via via tutte le grandi organizzazioni stanno pronunciando parole, che sono state lette nel corso dei culti, nei sinodi, perché questo è stato un week end di assemblee regionali per le chiese protestanti. Non solo preghiera, ma anche un impegno a prodursi in azioni di ascolto e di incontro con le vittime e con le persone che rischiano di essere stigmatizzate e isolate per una reazione di massa non controllata. Rimanere razionali in questo momento non è cosa facile, la città è ancora silenziosa, alcune zone sono ancora chiuse, si percepisce ancora l’impatto delle violenze nel quotidiano dei parigini».

Ascolta l’intervista su Radio Beckwith

Foto “Plan Vigipirate en gare de Strasbourg 19 août 2013 05” by CtruongngocOwn work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.