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Non solo un tetto e i pasti

Yolande è una donna incita in fuga dalla Costa d’Avorio. Fugge da una situazione di violenza e di povertà, si imbarca con degli scafisti e, dopo essere soccorsa in mare, arriva al porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa. Il parto è imminente e per questo viene affidata alla Casa delle culture di Scicli, una struttura di accoglienza della Federazione delle chiese evangeliche, nata nel quadro di un ampio progetto sulle migrazioni mediterranee denominato Mediterranean Hope. Qualche giorno prima di Natale nasce Esther Sara. Yolande è una donna bella e forte e, dopo qualche mese di permanenza nella casa delle culture, ha imparato un po’ d’italiano ed è pronta a seguire la sua strada. Si trasferisce a Palermo, dove vive una sua cugina, e lì inizia a lavorare e a rendersi autonoma, con in tasca un semplice permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. Non è il massimo, ma basta a rendere legale la situazione sua e della piccola Esther Sara.

Ebrima ha 17 anni, viene dal Gambia, un altro paese povero e lacerato da conflitti interni. Scappa in Libia e lì trova lavoro come guardiano notturno. A 15 anni gli danno un’arma in mano per svolgere il suo lavoro. Mette da parte i soldi, si imbarca anche lui con gli scafisti e, come Yolande, arriva a Pozzallo e quindi viene indirizzato alla Casa delle culture di Scicli. Ebrima è sveglio; gioca a calcio, a dama, a carte. È curioso e si fa ben volere. Vive persino una storia d’amore. Ma soprattutto va a scuola, Liceo scientifico.

Yaha è ghanese. Nel suo paese non c’è la guerra ma c’è la povertà, quella estrema che non ti fa magiare e uccide tutte le tue aspirazioni. La famiglia lo incoraggia a emigrare. Yaha è indeciso, anzi tendenzialmente contrario. Arriva lo stesso in Sicilia, anche lui alla Casa delle culture di Scicli. All’inizio è chiuso, cupo, sembra avercela col mondo intero. Ma la Casa delle culture è un luogo aperto, in cui si incontrano tante persone e si hanno diverse opportunità: lo sport, la musica, gli incontri, le serate di danza e di cucina etnica. E, pian piano, Yaha si apre. Conquista fiducia in se stesso e negli altri e stringe qualche amicizia. Ora vive in un altro centro ma torna spesso a Scicli, in quella che lui sente la sua casa italiana.

Yolande, Ebrima, Yaha: tre storie difficili che si sono incontrate nella Casa delle culture, dove l’accoglienza non è solo un tetto e tre pasti caldi. Qui accoglienza è integrazione. La Casa è nel centro di questa bellissima cittadina barocca, famosa perché è qui che si girano varie scene dei film di Montalbano. La Casa delle culture non è un luogo chiuso e appartato ma uno spazio aperto nel quale le storie degli abitanti di questa città si incontrano con le storie del mondo. Accogliere non basta. Occorre integrare. Da sola, l’accoglienza crea nuovi ghetti; accoglienza e integrazione insieme, pongono le basi di una società davvero pluralista, capace di valorizzare la ricchezza delle culture, delle religioni e delle tradizioni che ogni migrante ha portato nel suo bagaglio.

Foto di Paolo Ciaberta per Mediterranean Hope