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Il profeta della catastrofe

Dopo Giobbe e l’Ecclesiaste, tocca ora al libro di Geremia essere protagonista del ciclo di incontri di letture e commenti organizzato dalla Chiesa valdese di Genova (via Assarotti), dal titolo «Il ricordo dell’“apparso” non solo è vicino ma neppure lontano». Un’iniziativa ideata e coordinata da Francesco Griffanti e Italo Pons, con la partecipazione di oltre cinquanta persone (cattolici ed evangelici, adulti e ragazzi) che prestano la loro voce al profeta.

Il ciclo, iniziato lunedì 2 novembre con la lettura della prima parte del libro, intercalata da interventi musicali di Domenico Piccolo, prosegue mercoledì alle 17 con una tavola rotonda che intende portare il discorso sull’attualità. Sono previsti tre interventi: Francesca Sini, valdese, predicatrice locale nella chiesa metodista della Spezia, su «Dalla città infedele alla città invisibile»; Claudio Paravati, direttore della rivista Confronti, su «La città visibile: sentieri di teologia politica»; Anna Ivaldi, presidente del concistoro della chiesa valdese di Genova, su «Cose vecchie e cose nuove: domande sulla giustizia partendo da Geremia».

Venerdì, alle 18, è poi prevista la serata di approfondimento sul libro e sulla figura del profeta, curata dal pastore valdese Ruggero Marchetti, intitolata «Geremia: nel suo cuore c’è come un fuoco ardente». Marchetti introduce così la sua riflessione: «Nel libro che da lui prende il nome, in quel capitolo uno che è un vero e proprio prologo che anticipa e presenta i temi e i concetti che caratterizzeranno i cinquantuno capitoli successivi, le prime parole che Geremia pronuncia di persona all’inizio del racconto della sua vocazione (e che poi pronuncerà molte altre volte) sono, alla lettera del testo ebraico: “La parola del Signore fu su di me”. E poiché il termine ebraico “parola”, “davar”, dice molto di più che non in italiano, e significa anche “la realtà concreta”, “l’energia”, “i fatti” che la parola produce, Geremia ci sta qui presentando la sua vocazione nei termini di una forza poderosa che gli è arrivata addosso e l’ha afferrato per non mollarlo più».

Marchetti racconterà di quella passione che trascina il giovane profeta, ben oltre e talvolta contro le sue personali capacità e predisposizioni, suscitando un contrasto fortissimo: «Geremia rimarrà Geremia, il timido ragazzo la cui prima parola di fronte all’irruzione del Signore è stata un gemito: “Ah, Signore, Dio, io non so parlare”. Per questo Geremia soffrirà come pochi altri hanno sofferto: dovrà sempre gridare per far conoscere a “tutto il popolo” le decisioni che Dio ha preso “a causa di tutta la loro malvagità”, e così sarà come straziato fra l’ostilità di “tutto il paese” e il peso dei “giudizi di Dio contro di loro”, che dovrà continuare ad annunciare. Vivrà la sua “passione” che a volte non riuscirà a sopportare, e sarà l’impressionante lamento del capitolo 20, quando, proprio ripensando alla sua vocazione, urlerà a Dio: “Tu mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre” (20,7), e arriverà a bestemmiare il giorno della sua nascita: “Maledetto il giorno che io nacqui!”. E però – e questo è straordinario – proprio mentre sta gridando la sua disperazione, Geremia confesserà la sua “passione” (ma questa volta nel senso di “essere appassionato”) per quel suo Dio “carnefice” eppure sempre amato: “Se dico: Io non lo menzionerò più, non parlerò più nel suo nome, c’è nel mio cuore come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa” (20,9)».

Il termine di questo viaggio appassionante attraverso la storia di Geremia avverrà martedì 10 novembre a partire dalle 16, sempre al tempio valdese di via Assarotti, con la lettura della seconda parte del libro e interventi musicali di Domenico Piccolo e Ismaele Lupini.

Foto “Michelangelo, profeti, Jeremiah 02” di Michelangelo BuonarrotiWeb Gallery of Art:   Image  Info about artwork. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.