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Anche dalle chiese europee un appello per i corridoi umanitari

35 fra vescovi e leader religiosi provenienti da 20 Paesi si sono riuniti in a Monaco di Baviera lo scorso 29 ottobre per ragionare insieme attorno al dramma dell’emergenza profughi, e sul ruolo che le chiese possono ricoprire nei processi di gestione, chiedendo con forza la creazione di passaggi di sicurezza, corridoi umanitari lungo i quali far transitare senza intoppi i migranti.

“Come cristiani non possiamo che rifarci a Matteo 25 vedendo nel prossimo sempre l’immagine stessa di Dio, sapendo inoltre che ogni essere è creato a sua immagine e somiglianza” (Genesi 1, 26-27): così si apre il documento siglato dai presenti in rappresentanza del mondo protestante, anglicano, ortodosso e cattolico, oltreché da organizzazioni umanitarie ad esse legate.

«L’esperienza della migrazione e dell’attraversamento dei confini è nota alla chiesa di Cristo. La santa famiglia era essa stessa rifugiata; l’incarnazione stessa del nostro Signore è un attraversamento del confine tra umano e divino» recita ancora il documento, che nella seconda parte denuncia quella che viene definita la re-nazionalizzazione della politica, cioè una tendenza ad occuparsi del proprio orto, quasi vivessimo in recinti isolati, e non in realtà in continua evoluzione. «Anche nelle chiese resistono tentazioni isolazioniste, a “fare da soli”. Dobbiamo resistere a ciò e lavorare anzi in un’ottica universale con il più ampio orizzonte ecumenico possibile».

Fondamentali vengono considerati i corridoi di transito che possano favorire i movimenti di tanti disperati in fuga. Strada simile a quella già imboccata dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia.

Fonte Cec

Foto via