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Ultimatum ai rifugiati di Saint-Laurent

E alla fine è arrivato l’ultimatum: fuori tutti dalla chiesa di SaintLaurent entro sabato mattina 31 ottobre alle ore 8.

Losanna, centro città: qui si trova la chiesa riformata, ricostruita nel 1716 su fondamenta medioevali, che ai giorni nostri è stata riconosciuta come patrimonio culturale elvetico.

Da marzo alcuni locali sono stati occupati da sei rifugiati eritrei ed etiopi, timorosi di venire espulsi e rispediti in Italia, nazione sulle cui sponde sono giunti e che quindi dovrebbe gestirne le vicende, secondo gli arcinoti accordi di Dublino. Ma i ragazzi di rivivere l’esperienza dei centri di accoglienza nostrani non ne vogliono sapere.

Da qui la decisione di insediarsi nel concistoro, sostenuti da un comitato spontaneo di cittadini che nei mesi ha cercato di aiutare i giovani non soltanto con cibo e vestiti, ma avviando i necessari iter burocratici per poter giungere infine alla richiesta di asilo su suolo svizzero.

La chiesa evangelica riformata del cantone di Vaud, Eerv, proprietaria dei locali, fin dalle prime battute ha tentato di sottolineare l’anomalia di tale comportamento, suggerendo soluzioni che non si ponessero al di fuori delle leggi.

I mesi sono trascorsi, fra richieste di porre fine all’occupazione da una parte, nel timore di vedere strumentalizzata a fini politici la vicenda, cui si aggiunge il naturale disagio di una convivenza forzata che si protrae oramai dalla primavera, e solidarietà crescente dall’altra, tanto che è stato creato un comitato ad hoc, il Collectif R, autore di una petizione per impedire l’espulsione verso l’Italia di questi e di altri eventuali migranti in futuro.

L’accelerazione degli ultimi giorni, a prestar fede alle parole del consiglio sinodale, è dovuta all’aver ottenuto la certezza che le domande di asilo siano state infine consegnate agli uffici nazionali preposti. A ciò si aggiunge l’ospitalità che i giovani troveranno nelle strutture gestite dall’Evam, ente pubblico cantonale che si occupa dell’accoglienza dei migranti, e che al momento aiuta già oltre 5 mila persone, fra posti letto e pasti distribuiti.

Di contro i membri del collettivo sottolineano che il fatto che le domande siano in carico agli uffici sia ben lontano da essere una garanzia, vista l’assai elevata percentuale di respingimenti di richieste di asilo che si stanno verificando.

La vicenda, divenuta in qualche maniera simbolo delle diverse tensioni che animano il Paese sul tema della gestione dei flussi di donne e uomini in fuga dalle proprie terre, appare quindi tutt’altro che conclusa.

Foto « Église-réformée-Saint-Laurent » par LpalliTravail personnel. Sous licence CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.