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Sfogliando i giornali del 27 ottobre

1 – Cina e Sud Corea

Secondo l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, il governo cinese sta valutando di cancellare nove reati tra i 55 che prevedono la pena di morte. In una riunione che si è tenuta la scorsa settimana, il Partito Comunista Cinese ha comunicato un impegno formale a “garantire lo stato di diritto” in un paese che, stando alle stime di Amnesty International, esegue il maggior numero al mondo di pene capitali. Secondo Xinhua, tra i reati che non prevederanno più la pena di morte troviamo anche la raccolta di fondi illegale, che ha coinvolto negli ultimi anni numerosi membri locali del Partito Comunista Cinese. Per gli analisti, riporta Internazionale, i cambiamenti di rotta sono però più formali che sostanziali. Intanto, nella vicina Corea del Sud, il tribunale di Gwangiu ha chiesto la pena di morte per il comandante del traghetto che lo scorso aprile affondò causando la morte di 300 persone, la maggior parte delle quali studenti in gita scolastica. Nel corso del processo l’uomo ha anche dichiarato di “meritare la pena capitale”, ma ha respinto l’accusa di aver sacrificato i passeggeri per salvare la propria vita.

2 – Brasile

Sarà ancora Dilma Rousseff a guidare il Brasile per i prossimi quattro anni. Questo il risultato del ballottaggio che si è tenuto nella giornata di ieri e che ha visto la presidente uscente, candidata per il Partito dei Lavoratori (Pt), imporsi con il 51,6% dei voti e sconfiggere Aécio Neves, il leader socialdemocratico del Psdb, fermo al 48,4%. Per La Stampa, la distanza tra Rousseff e Neves non arriva a 3,5 milioni di voti, in una tornata elettorale caratterizzata dalla più alta astensione di sempre, con oltre 30 milioni di brasiliani, sui 143 milioni di aventi diritto, che hanno deciso di non recarsi al seggio. La distribuzione geografica del voto mostra un paese diviso tra nord e sud, con la parte più povera che ha sostenuto Dilma Rousseff in nome soprattutto dei successi degli 8 anni di Lula, mentre da São Paulo fino al confine meridionale i gruppi industriali e finanziari hanno garantito il proprio voto al candidato del Psdb, sostenuto anche dall’ex ministro dell’ambiente Marina Silva.

3 – Tunisia

Secondo i primi dati, diffusi da agenzie e testate locali, nelle elezioni legislative in Tunisia sembra essere in vantaggio il partito laico e conservatore Nidaa Tounes, letteralmente “Appello Per la Tunisia”, con il 37% dei voti, davanti a quella che era preannunciata come prima forza del paese, il partito islamista conservatore Ennahada, fermo al 26%. Si tratta delle prime elezioni legislative dalla primavera della rivoluzione del 2011, e l’affluenza, anche se in calo rispetto al 2011, è stata superiore al 60%, confermando il clima di interesse per questo voto, definito «una pietra miliare nella storica transizione politica tunisina» dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Quasi 5,3 milioni di elettori sono stati chiamati alle urne in 33 circoscrizioni per eleggere con il sistema proporzionale 217 deputati, su circa 1.300 liste di candidati, per un totale di 15.000 candidati.

4 – Ilaria Alpi

Nuove informazioni e nuove strade da percorrere nell’inchiesta sulla morte della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin. Tra i documenti emersi dalla rimozione del segreto di stato e pubblicati sul sito della Camera, compare una comunicazione di un agente del Sismi, i servizi segreti italiani, secondo cui «Appare evidente la volontà del comando della missione Unosom di minimizzare sulle reali cause che avrebbero portato all’uccisione della giornalista italiana e del suo operatore». Il documento, ci informa oggi La Stampa, è pieno di cancellature, e secondo l’avvocato della famiglia Alpi «bisogna chiedersi il perché». L’agente del Sismi, nome in codice “Alfredo”, aveva inviato numerosi rapporti in cui compariva la parola “omicidio”, che veniva cancellata presso lo stato maggiore del Sismi. Secondo la presidente dell’associazione Ilaria Alpi, l’ex onorevole Mariangela Gritta Grainer, «Sappiamo di altre sbianchettature. Il giorno dopo l’omicidio, “Alfredo” scriveva: da fonte attendibile risulta che la giornalista è stata minacciata di morte. Frase puntualmente omessa».

05 – Ungheria

Nella notte di ieri, migliaia di persone hanno manifestato a Budapest, la capitale dell’Ungheria, chiedendo che venga ritirata una proposta di legge che impone una tassa per l’utilizzo di Internet. Circa diecimila persone si sono riunite davanti alla sede del ministero dell’Economia, dove hanno mostrato gli schermi accesi dei loro smartphone per rendere visibile la loro presenza e la loro protesta. Una parte dei manifestanti si è poi trasferita davanti alla sede di Fidesz, il partito al governo, dove ci sono stati momenti di tensione con la polizia e scontri tra agenti e manifestanti. Nel progetto di legge, sostenuto per motivi economici dal primo ministro Viktor Orban, si parla di circa 50 centesimi di euro da pagare per ogni gigabyte di traffico utilizzato, e secondo i promotori delle proteste questa tassa penalizza soprattutto i più poveri, che avrebbero ulteriori difficoltà ad accedere liberamente a Internet in un paese che già vive di forti limitazioni nel campo dell’informazione.

Foto: “Election MG 3460” by RamaOwn work. Licensed under CC-BY-SA-2.0-fr via Wikimedia Commons.