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A Roma sono triplicati gli sgomberi dei campi rom

Da alcuni anni l’Associazione 21 luglio monitora quella che è la situazione delle comunità rom e sinti sul territorio nazionale, denunciando le precarie condizioni abitative, l’assenza di percorsi di inclusione e la costante assenza del rispetto dei fondamentali diritti umani e civili. Le comunità sono composte per lo più da cittadini italiani che vedono però confinare il proprio diritto a una casa dentro i confini dei campi.

È capitato ciclicamente che, in vista di grandi eventi, le istituzioni delle grandi città abbiano messo in atto una pulizia del territorio senza fare distinzione tra rifiuti e abitazioni, per quanto precarie, di famiglie e cittadini di etnia rom e sinti.

A Roma è previsto un grande evento, il Giubileo della Misericordia, indetto dal Papa, che inizierà l’8 dicembre per concludersi il 20 novembre 2016. In vista di questo appuntamento, cosa sta accadendo sul territorio del comune di Roma agli insediamenti delle comunità rom?

Lo chiediamo a Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio.

Avete lanciato una campagna per fermare per fermare gli sgomberi forzati dei campi rom, ma qual è la situazione riguardo la presenza delle comunità rom sul suolo della capitale?

«A Roma ci sono circa 8.800 rom in emergenza abitativa che vivono in diverse situazioni, istituzionali e non. Tra i 4.500 e i 5.000 vivono nei cosiddetti campi formali, campi attrezzati e centri di raccolta, mentre poco meno di 2.500 vivono nei cosiddetti campi abusivi, ovvero insediamenti informali. Si tratta di un numero costante negli anni, non c’è stata alcuna ondata recente, e sono persone che sin dal 2007, quando il sindaco Veltroni iniziò una campagna durissima di sgomberi in prossimità delle elezioni amministrative, vengono spostati da un punto all’altro della città in un cinico “gioco dell’oca” senza soluzione di continuità».

Cosa è cambiato negli ultimi mesi?

«La situazione nel 2014 e in buona parte del 2015 aveva visto un abbassamento del numero di sgomberi, che sono comunque forzati, illegali e non in linea con quelle che sono le garanzie procedurali previste dalle Nazioni Unite.

Con l’annuncio del Giubileo istituito dal Papa il 13 marzo di quest’anno, invece, abbiamo osservato con profonda preoccupazione un’impennata degli sgomberi. Analizzando tutto il 2015 si è passati da una media di circa tre sgomberi forzati al mese a una di dieci. Pochi giorni fa abbiamo registrato lo sgombero numero 65 dall’annuncio del Giubileo: trenta persone rom romene sono state sgomberate e le loro baracche abbattute. Si è ripetuta una evidente violazione dei diritti civili da parte delle autorità, che vogliono rendere bella e presentabile questa città agli occhi dei pellegrini, andando però contro i valori del Giubileo e soprattutto contro quelli che sono i principi della dignità umana».

Era già successa una cosa del genere?

«Si. Addirittura, in prossimità del Giubileo del 2000, un autore, Tano D’Amico, scrisse un libro intitolato Il Giubileo nero degli zingari. Non dimentichiamo che per l’Expo di Milano sono stati eseguiti circa 200 sgomberi nella città lombarda.

Ogni grande evento che prevede una “bonifica” dell’area urbana, una pulizia e una cura dell’aspetto estetico della città, purtroppo vede le autorità intervenire anche sulle persone che vivono a fianco dei rifiuti in una situazione di forte precarietà, allontanandoli. È evidente che tutto ciò vìola i diritti umani, vìola quanto stabilito dalle varie convenzioni internazionali e va contro, nel caso specifico di Roma, lo spirito del Giubileo che dovrebbe essere, nelle intenzioni del Papa che lo ha proclamato, un momento di giustizia, di verità e di accoglienza. Sembra quasi che nella città di Roma ci sia spazio per i pellegrini e i turisti che hanno soldi e portano ricchezza e non per chi vive nella povertà».

Cosa intendiamo più specificamente con “sgombero forzato”?

«Lo sgombero di per se non è un’azione da condannare: è il trasferimento, messo in atto dall’autorità, di una persona o di un gruppo umano da un punto a un altro. Però deve essere fatto secondo dei criteri che sono fissati dal Comitato per i diritti sociali economici e culturali delle Nazioni Unite e che devono dare delle garanzie a chi subisce lo sgombero, per esempio deve essere preventivamente notificato in modo da dare la possibilità di fare un ricorso legale. Inoltre non può avvenire in condizioni meteorologiche avverse e, soprattutto, deve garantire una soluzione alternativa adeguata. Se tutto questo non avviene stiamo parlando di uno sgombero forzato o illegale. Ecco, dei 65 provvedimenti portati avanti dal comune di Roma dopo l’annuncio del Giubileo, tutti quanti sono configurabili come illegali».

Dopo che queste persone vengono allontanate, che ne è di loro e come vengono assistite?

«Le persone vengono semplicemente allontanate. Si tratta spesso di famiglie con bambini e si assiste in alcuni casi all’interruzione della scuola e di percorsi di inclusione, anche lavorativa. Le persone, scacciate e senza altra soluzione abitativa, sono costrette a cercare riparo in punti ancora più nascosti e pericolosi di dove si trovavano prima.

Tengo anche a ricordare che questi sgomberi hanno un costo economico molto alto: per i 65 di cui parlavo il comune ha speso una cifra poco superiore al milione di euro».

Ha nominato prima il Giubileo nero degli zingari, legato al grande evento del 2000. Qual era la situazione? C’è la possibilità che si ripeta?

«La tendenza parla di un aumento degli sgomberi e del fatto che l’illegalità istituzionale sia anche incarnata da persone che la rappresentano. Chi fece gli sgomberi nel 2000 era l’incaricato dell’ufficio nomadi, Luigi Lusi, oggi condannato per aver rubato 5 milioni di euro alla Margherita, il suo partito. Il rischio quindi che si riproponga quella situazione c’è, soprattutto dopo che Mafia Capitale ha fatto emergere quelli che sono gli interessi legati alla gestione dei campi. Per esempio, un pezzo di terra dove vivono i rom e dove c’è un campo ha un prezzo, dove non ci sono i rom ne ha un altro, elemento interessante per speculatori e costruttori.

Per questo abbiamo lanciato la campagna Peccato Capitale: vogliamo bloccare gli sgomberi prima che inizi il Giubileo. Stiamo avendo adesioni importanti, siamo già a 23 organizzazioni che hanno aderito, e padre Alex Zanotelli è il primo firmatario».

Per aderire basta andare sul sito dell’associazione: www.21luglio.org

Foto: Letizia Tassinari