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Le donne sono invisibili nelle informazioni riguardanti i conflitti

Le donne sono praticamente invisibili nelle informazioni riguardanti i temi della pace e della sicurezza nei paesi che vivono un conflitto. È quanto attesta una ricerca, coordinata dall’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (Wacc), che ha monitorato i mezzi di comunicazione di 15 paesi in transizione e in conflitto, scoprendo che le donne – nonostante siano il 50% della popolazione dei paesi presi in esame e subiscano i maggiori effetti dei conflitti – complessivamente costituiscono solo il 13% delle persone che hanno parlato o sono state intervistate.

I risultati della ricerca saranno presentati oggi in una conferenza su «Genere e guerra» che si sta tenendo presso la Oslo and Akershus University College di Scienze Applicate in Norvegia.

La ricerca ha riguardato 876 storie relative alla pace e alla sicurezza, pubblicate su 83 principali quotidiani in 15 paesi (Bosnia-Erzegovina, Cipro, Repubblica Democratica del Congo, Guatemala, Guinea, Liberia, Mali, Nepal, Palestina, Papua Nuova Guinea, Filippine, Sierra Leone, Sud Sudan, Togo, Uganda) nell’arco di tre giorni del mese di aprile 2015. La metodologia di monitoraggio individua sei tipi di ruoli che le persone rivestono nella notizia: soggetto del racconto, portavoce di un gruppo, esperti o commentatore, testimone oculare, persona che fornisce l’opinione popolare.

Tra i fattori che contribuiscono allo squilibrio ci sono: le disuguaglianze di genere insite nella società e il controllo dei media da parte di chi ha il denaro e il potere.

Sarah Macharia, responsabile del programma «Genere e comunicazione» dell’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (Wacc), ha osservato che solo «il 39% del numero già esiguo di donne sono direttamente citate, rispetto al 60% degli uomini». Oltre all’assenza significativa delle donne nelle notizie a livello globale, «la evidente differenza di genere pone la domanda se il punto di vista delle donne, esplicitato nelle loro parole, sia considerato di poco valore al punto che non valga la pena citarlo», ha aggiunto Macharia.

La pastora Karin Achtelstetter, segretaria generale della Wacc, ha evidenziato il contributo che tale ricerca può dare all’impegno ecumenico per la pace. «Anche la Wacc è pienamente impegnata nel Pellegrinaggio di giustizia e pace lanciato dalla 10a Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese svoltosi a Busan, Corea del Sud. Lo studio Donne, pace e sicurezza è un contributo fondamentale della rete mondiale della Wacc che da tempo riflette sulla promozione della parità di genere e sul riconoscimento della comunicazione come un diritto umano».

Lo studio Donne, pace e sicurezza è stato finanziato da UN Women – New York, e sarà presentato alla fine di ottobre in occasione del 15° anniversario della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Tale risoluzione, approvata all’unanimità nell’ottobre del 2000, è la prima in assoluto che menziona esplicitamente l’impatto della guerra sulle donne ed il contributo delle stesse nella risoluzione dei conflitti per una pace durevole.

Fonte: Cec

Foto – L’attuale vortice di immagini dei media ci intrappola in significati vuoti. © Juan Pablo Barragán / Acción Creativa