148326648_4a9d9e9ad4_o

La risposta delle chiese ungheresi alla crisi migratoria

Rappresentanti delle maggiori organizzazioni ecumeniche internazionali hanno visitato l’Ungheria nei giorni scorsi per sollecitare sforzi ancora maggiori in supporto ai rifugiati in Europa e nel Medio Oriente.
Emerge un quadro in cui il buon cuore di molti volontari legati ad organizzazioni religiose va a sopperire la mancanza di linee guida da parte del mondo politico locale capace di proporre solo una logica di chiusura, e serve a sopperire un atteggiamento spesso prudente dei stessi vertici delle chiese magiare.

Sono punti chiari al segretario del Consiglio Ecumenico delle Chiese Olav Fykse Tveit che fa giungere il suo grido di dolore: «Quella che stiamo vivendo non è una crisi solo europea. Urge una soluzione globale alla questione e noi con forza chiediamo una presa d’impegno della comunità internazionale. Con oltre duemila anime che ogni giorno entrano in Ungheria la sfida non è semplice, ma non è accettabile selezionare a chi dirigere i propri aiuti in base alla provenienza, alla fede o al colore della pelle. L’esempio migliore giunge dalla popolazione ungherese che ha mostrato capacità di accoglienza e spirito solidale. Capiamo bene che la situazione da un punto di vista politica sia un ginepraio, ma i nostri rappresentanti nei parlamenti devono sforzarsi di avere un approccio maggiormente solidale e umano al tema. Incoraggiamo le chiese a lavorare insieme, a costruire ponti per aumentare i momenti di incontro e di reciproca comprensione».

E le chiese soprattutto con le proprie organizzazioni di base o dedicate al tema si stanno spendendo in questi giorni in modi e forme differenti. Il dipartimento diaconale della Chiesa evangelica luterana in Ungheria (Elch) ha numerosi progetti attivi in corso o in preparazione allo scopo di provvedere all’aiuto e all’assistenza dei rifugiati.

Annamaria Buda, a capo del dipartimento di diaconia dell’Elch racconta i principali filoni di intervento: «Ci siamo stabiliti in differenti punti soprattutto lungo la linea ferroviaria che da Budapest conduce alla Germania e all’Austria, garantendo principalmente cibo e acqua a chi transita nel Paese, e scortando minori non accompagnati. Stiamo inoltre raccogliendo vestiti in primis per i bambini, e avviando iniziative di sostegno scolastico, soprattutto per superare le difficoltà linguistiche. La speranza è di dare vita a progetti di maggior durata capaci di rispondere alle esigenze di chi in Ungheria decide di restare».

La chiesa luterana ungherese ha inoltre provveduto a stampare un agile manualetto in varie lingue, inglese, francese, farsi, urdu e arabo per aiutare i rifugiati a districarsi fra piccoli e grandi problemi quotidiani. Dora Kanizsai, direttora del servizio rifugiati della Chiesa Riformata di Ungheria, di recente ospite al sinodo valdese di Torre Pellice ribadisce l’importanza «della dignità che ogni persona che incontriamo merita, e che non dobbiamo mai scordare. Dobbiamo essere capaci di creare luoghi sicuri in cui queste persone possano avere tempo e modo di ragionare sul proprio futuro, che non può essere vissuto sempre in emergenza. E’ estremamente importante che queste persone in fuga si sentano benvenute e possano contare su qualcuno con cui relazionarsi per qualsiasi necessità: dal bisogno minimo a quelli più strutturali»

La chiesa riformata di Ungheria si sta focalizzando in maniera particolare su sostegni di tipo medico, con la creazione di alcuni ambulatori, in particolare nel grande centro di accoglienza nella città di Debrecen. Anche la St. Columba Church of Scotland è in campo per fronteggiare questa emergenza e con gioia rende noto di aver ricevuto moltissimi abiti da centinaia di famiglie, una volta pubblicato un appello in tal senso, notizia importante viste le forti piogge di questi periodi. Il Cec sta pianificando una collaborazione con l’Ekd tedesca per utilizzare al meglio il know how acquisito nella gestione delle emergenze, in particolare a Monaco di Baviera.

Ciò va nella direzione di quanto auspicato da Tveit di un coinvolgimento per lo meno europeo, molto meglio se mondiale, al tema, utilizzando le capacità e le esperienze di chi già ha avuto che fare con simili situazioni. Fra le note liete che tutti i delegati ecumenici hanno voluto sottolineare c’è sicuramente la constatazione dei moltissimi volontari ungheresi che giorno dopo giorno si stanno spendendo per dare il proprio contributo: questo smentisce in maniera plastica le dichiarazioni belligeranti del premier Orban ed è la miglior risposta ai muri che si elevano in Europa.

Foto di Ahron de Leeuw, con licenza CC BY-SA 2.0,  via Flickr