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Il Sinodo dei vescovi sulla famiglia: la voce dei metodisti

Dal 4 al 25 ottobre 2015 si terrà la XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi della chiesa cattolica, su tema della famiglia. Dodici i delegati fraterni invitati a prendere parte ai lavori sinodali, tra i quali il pastore metodista Tim Macquiban, direttore dell’Ufficio metodista per l’ecumenismo a Roma (Meor), pastore della chiesa metodista di Ponte Sant’Angelo (Roma). Lo abbiamo intervistato. 

Pastore Macquiban, lei rappresenterà la famiglia metodista mondiale nel Sinodo dei vescovi della chiesa cattolica. Cosa si aspetta da questa esperienza?

«Spero di ottenere una maggiore comprensione di come funziona il lavoro della Chiesa cattolica, e dei processi sinodali in relazione al modello di governo pontificale ed episcopale».

La chiesa cattolica arriva a questo Sinodo dopo un anno di consultazione dal basso su quanto pronunciato dalla prima sessione sinodale dello scorso anno; dodici mesi segnati anche da un’inedita apertura ecumenica di papa Francesco. Questo clima influenzerà le scelte che verranno prese in assemblea? Cosa ci possiamo aspettare?

«Il Sinodo dibatterà ampiamente su come la chiesa può e deve supportare le famiglie nel mondo di oggi. Si concentrerà probabilmente sulla pastorale, su misericordia e perdono, per le famiglie con un solo genitore, come anche per i separati e divorziati ancora in relazione coniugale; affronterà questioni quali la convivenza, le unioni civili, e la relazione di queste persone con i sacramenti della penitenza e dell’eucarestia. In tutto questo la “santità della vita” e la comprensione del matrimonio come sacramento saranno oggetto di intensa discussione, alla luce anche delle recenti aperture in seno alla chiesa cattolica delle posizioni più tradizional».

Anche la chiesa metodista nel mondo è divisa sulle questioni legate alla famiglia e le “nuove famiglie”. Come rappresenterà questa varietà di posizioni?

«Spero di essere in ogni discussione fedele alle prese di posizione della mia comunità, la chiesa metodista britannica, che si è pronunciata su molte delle questioni legate al tema della famiglia. Al contempo manterrò l’integrità del mio personale punto di vista e tenterò infine di rappresentare anche le opinioni a me meno vicine».

L’anno scorso, nella prima sessione del Sinodo, uno dei delegati fraterni era una donna battista, Valérie Duval-Poujol; quest’anno non c’è neanche una donna tra i delegati fraterni: esiste una “questione di genere” anche tra le chiese non cattoliche? La mancanza della voce delle donne pregiudicherà i lavori del Sinodo?

«E’ una spiacevole ed evidente realtà che tutti i votanti siano uomini – anche se qualche donna cattolica fa parte del sinodo, senza però diritto di voto – e riflette il triste sbilanciamento di genere della leadership delle chiese in generale, sia cattoliche che non cattoliche. E’ per questo motivo ancora più importante prestare attenzione alle richieste giunte dalla base: dalle diocesi e dalle organizzazioni composte da laici. Da queste consultazioni infatti giungono le opinioni dei laici e quindi delle donne. Una voce che deve essere ascoltata con attenzione».

Come saranno articolati i lavori del Sinodo? Quali i momenti principali?

«L’assemblea lavorerà in plenaria, in gruppi, e in discussioni informali, elaborando l’enorme volume di lavoro fatto prima del Sinodo per mezzo delle molte consultazioni delle diocesi nel mondo, delle quali i vescovi certamente riporteranno le differenti sfumature di opinione all’interno della chiesa cattolica».

Quale sarà il suo contributo in quanto voce metodista, e quando è previsto il suo intervento?

«Sono uno dei dodici delegati fraterni (6 ortodossi e 6 protestanti), quindi potrò prendere parte interamente a tutte le discussioni, senza diritto di voto. A ognuno dei dodici delegati fraterni sono concessi tre minuti per relazionare su un aspetto specifico, legato al tema del Sinodo. Non ho ancora deciso su cosa farò la mia relazione. Dipenderà dall’indirizzo del dibattito generale».

Foto P. Romeo