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Sempre connessi, sempre al lavoro

Spesso si confonde la produttività di un’azione con il tempo dedicato al lavoro per svolgerla. Grazie alle nuove tecnologie che permettono di restare connessi continuamente, è tuttavia più facile non staccare mai dal lavoro: una ricerca francese, condotta da un gruppo di esperti per il Ministero del lavoro di Parigi, ha evidenziato che l’iperconnessione non aumenta la produttività ma ha conseguenze negative sulla salute e sul rendimento. Il team ha considerato così degne di nota queste conseguenze da proporre la promozione del diritto-dovere di disconnessione. Abbiamo parlato di tempo, etica del lavoro e iperconnessione con Herbert Anders, pastore battista e membro del Glam, commissione globalizzazione e ambiente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. «La qualità del nostro tempo – dice – migliora quando possiamo dedicarci esclusivamente a qualcosa. Il lavoro è uno di quegli ambiti dove l’attenzione a quello che faccio è auspicabile. Il fatto di poter avere una maggiore concentrazione nel lavoro, non è solo un beneficio per il produttore, ma anche per chi lo svolge, che avrà una maggiore soddisfazione».

Questo è più difficile in un mondo iperconnesso…

«Quando abbiamo più informazioni e siamo sempre connessi c’è l’ovvio vantaggio di avere un universo a disposizione in ogni momento, ma anche la grande tentazione di non staccarsi mai e una maggiore facilità di essere distratti: spesso si tratta di una limitazione del mio tempo locale e delle relazioni che al suo interno costruisco nel qui e ora. Se arriva sempre qualche distrazione, mi sembra una diminuzione della qualità del tempo».

Poter lavorare in ogni istante come riguarda la riflessione protestante sull’etica del lavoro?

«Lutero diceva che “Un cristiano è un libero signore sopra ogni cosa e non è sottoposto a nessuno. Un cristiano è servo volenteroso in ogni cosa e sottoposto a ognuno”: il servizio, la prospettiva dell’Evangelo che dice che il servizio è un tempo che valorizza la tua vita, mi sembra molto significativo in questo contesto. Una mia azione, il mio servizio, può servire a realizzare una mia libertà, una mia vocazione e un mio talento: una massima protestante molto importante parlando di qualità del tempo».

Il tempo è la risorsa più preziosa che abbiamo: che ne pensa?

«Le banche del tempo sono un esempio interessante: puntano a migliorare la vita delle persone non con lo scambio di denaro, ma con i propri talenti. Il denaro si è introdotto nella storia come un mezzo che possa facilitare lo scambio di questi talenti, ma nel frattempo si è automatizzato ed è diventato un’identità in sé, con un valore autonomo, anche se, in realtà, non ne ha».

Ascolta l’intervista su Radio Beckwith

Foto via Pixabay