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A Keleti in prima linea la Diaconia luterana ungherese

«Ai profughi accampati a Keleti per ora riusciamo a portare 150 pasti caldi al giorno». Parla il vescovo Tamas Fabiny, responsabile della Diaconia della Chiesa evangelica luterana in Ungheria (Celu) che in questi concitati giorni alla stazione Keleti di Budapest è in prima linea nell’accoglienza di donne, uomini e bambini scappati da guerra e persecuzione.

«Facciamo quanto è nelle nostre forze e capacità», sottolinea il vescovo luterano che lavora fianco a fianco con altre organizzazioni ecclesiastiche e della società civile nel tentativo almeno di dare qualche sollievo a chi ha appena attraversato i Balcani in un viaggio irto di rischi e pericoli. «La situazione è drammatica e in Ungheria la tensione è molto alta», ammette il vescovo in una lettera aperta dello scorso 3 settembre. E prosegue: «Promuoviamo come possiamo la mutua comprensione, la dignità umana e l’amore per il prossimo rifiutando logiche di pregiudizio e di odio».

Nessuno si è tirato indietro, tutti danno una mano, fosse anche solo con la raccolta di indumenti. «Le nostre comunità e istituzioni guardano già alla stagione fredda» dice il vescovo, ben conscio del fatto che il flusso di profughi non cesserà con l’arrivo dell’inverno. Anzi, la Celu – che conta 215mila membri – in questi giorni ha messo in piedi un sistema di raccolta non solo di vestiti, ma anche di sacchi a pelo, coperte, materassini isolanti, nonché materiale sanitario, tutto grazie all’aiuto di numerosi volontari, diaconi, pastori e pastore. E intanto, ai profughi della stazione Keleti, la Diaconia luterana distribuisce degli opuscoletti informativi in inglese, francese, farsi, urdu e arabo, editi insieme all’organizzazione umanitaria Migration Aid. Inoltre, è in programma, insieme all’Associazione nazionale dei medici pediatri, la distribuzione gratuita di medicinali per i bambini bisognosi.

La Celu, dice il vescovo Fabiny, non solo è impegnata nell’affrontare l’emergenza contingente, ma intende sostenere coloro che vorranno seguire un percorso di integrazione sociale. A questo scopo ha già avanzato presso il «Fondo per l’asilo, la migrazione e l’integrazione» del paese magiaro un progetto denominato «Casa dell’integrazione».

 

Impressions of church volunteers from The Evangelical Lutheran Church Hungary’s Diaconia lending a helping hand to refugees in need. #WhatChurchesCanDo Photos: Zsuzsanna Horváth-Bolla, ELCH

Posted by The Lutheran World Federation on Lunedì 7 settembre 2015

L’impegno dei luterani ungheresi si inserisce in quello della rete di chiese facenti capo a ACT-Alliance, braccio umanitario della Federazione luterana mondiale (Flm) e del Cec (Consiglio ecumenico delle chiese). Già un mese fa ACT-Alliance aveva lanciato l’appello per sostenere nell’accoglienza dei profughi la Hungarian Interchurch Aid (Hia) ad essa affiliata: per ora la Hia offre servizi psicosociali ad un centinaio di bambini in due centri di permanenza temporanea: Bicske e Vámosszabadi.

Lo scorso 4 settembre in una lettera indirizzata a tutte le chiese membro europee della Flm, il segretario generale Martin Junge ha ricordato l’importanza che hanno in questo momento cruciale le chiese sul territorio nel dimostrare quali siano i valori della solidarietà e della dignità umana, che – non c’è ombra di dubbio – vanno al di là dell’appartenenza etnica o religiosa di chi è nel bisogno.

Foto copertina via Facebook