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Frittate papali papali

Spesso troppo ansiosi di dire tutto a pochi, invece di cercare di dire qualcosa a molti, talvolta noi valdesi facciamo qualche “frittata” nella comunicazione. E’ il caso della famosa lettera aperta al Papa in risposta alla richiesta di perdono avanzata da Bergoglio durante l’altrettanto storica visita al tempio di Torino.

Una lettera bella, accorata, ricca di spirito evangelico e di un sincero afflato ecumenico, di quella voglia di scrivere insieme una storia nuova che certo attraversa la Chiesa valdese e tanta parte di quella cattolica, a partire dallo stesso pontefice. Davvero una bella risposta elaborata e approvata dal Sinodo dopo un dibattito.

Tuttavia (ed eccoci alla “frittata”) una frase ha provocato qualche equivoco e qualche fraintendimento, quella ormai famosa frase in cui si dice una cosa giusta (“Questa nuova situazione non ci autorizza però a sostituirci a quanti hanno pagato col sangue o con altri patimenti la loro testimonianza alla fede evangelica e perdonare al posto loro…”) ma forse non proprio necessaria e, probabilmente, non proprio opportuna in questo contesto. Di fronte alla portata storica del gesto del Papa, si poteva evitare di fare questa puntualizzazione ineccepibile dal punto di vista oggettivo e teologico, ma un po’ pignola, un po’ puntigliosa e un po’ “pissera”, come si direbbe a Firenze. Insomma, si poteva volare più alto.

Anche perché, appunto, ci sono stati equivoci e fraintendimenti, amplificati da qualche titolo di giornale (“I valdesi al Papa: perdono impossibile”; “I valdesi: non possiamo perdonare al posto dei morti” e via dicendo) con grande stupore, sconcerto e pure indignazione di molti sinodali. Stupore comprensibile: il Sinodo approva una lettera di grande apertura, fraterna e commossa, nella quale di fatto accoglie la richiesta di perdono e alcuni giornali scrivono (e, soprattutto, titolano) che i valdesi rifiutano il perdono chiesto dal Papa.

Subito, come è ovvio, sul banco degli imputati sono finiti i giornalisti (quando qualcuno non capisce quello che diciamo noi valdesi, non è mai colpa nostra…), ma se è stata necessaria una conferenza stampa ad hoc, se si è fatto un ulteriore comunicato stampa e se il moderatore Eugenio Bernardini ha dovuto rilasciare varie interviste per chiarire quella frase, evidentemente la cosa non era così chiara e lampante, no?

Infatti, lo stesso Bernardini , in un’intervista all’agenzia Sir, ammette: «Forse quella frase è un passaggio teologicamente troppo raffinato che il Papa invece comprenderà benissimo…».

Ecco, il punto è proprio qui: non c’è dubbio che il Papa capirà benissimo questo passaggio e il senso della lettera, così come faranno gran parte di vescovi e teologi cattolici (qualcuno col dente avvelenato farà finta di non aver capito, ma pazienza), ma qui non si è scelto di inviare una lettera personale privata al Papa. Si è scelta (giustamente) la formula della lettera aperta, ben sapendo che sarebbe stata diffusa ai mass media.

Sarebbe stato meglio mettere la frase un po’ diversamente («pur non potendo, ovviamente, parlare a nome di chi ha pagato con il sangue, accogliamo con gioia la richiesta di perdono…»), oppure spiegare un po’ meglio il concetto o, meglio ancora, non mettere del tutto quella frase. Insomma, dobbiamo imparare a parlare a tutti, non rinunciando alla profondità dei nostri concetti, ma rendendoli con semplicità, perché semplicità non è affatto sinonimo di banalità.

Foto Pietro Romeo