eugenio

«Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace»

Con il discorso del pastore Eugenio Bernardini, eletto moderatore per la quarta volta, si è concluso il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste (Torre Pellice, 23-28 agosto). Il discorso, tenuto come di consueto al termine della procedura per l’elezione di tutti gli organi che amministrano la Chiesa e le sue istituzioni, nonché degli «organismi di controllo» costituiti dalle Commissioni d’esame, non poteva prescindere, dagli elementi che hanno fatto da sfondo ai lavori: la visita di papa Francesco al tempio valdese di Torino (il 22 giugno scorso) e i ripetuti arrivi (o le morti) di profughi, uomini e donne costretti a dei viaggi che sono una guerra in mare, per salvarsi da altre guerre e destabilizzazioni.

Di fronte alle reazioni di alcune forze politiche (e anche dei singoli: se ne sono accorti gli abitanti della val Pellice con le scritte minacciose nei confronti dei profughi ospitati dalla Diaconia valdese in una struttura di Villar Pellice), che accusano le chiese di incentivare con la loro accoglienza gli arrivi di profughi in Italia, Bernardini ha ribadito che a muovere i cristiani verso l’impegno dell’accoglienza non è nient’altro che la lettera e lo spirito del Vangelo, che «ci impone di accogliere lo straniero, l’orfano e la vedova». Per questo – ha detto il moderatore, rifacendosi alla parola biblica di Paolo «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace» (Galati 5, 22) – l’Evangelo che predichiamo nelle nostre chiese «ci chiede di aprire la porta della nostra casa europea, di dare da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete, perché solo accogliendo chi soffre si può accogliere Cristo».

È questo un impegno, anche gravoso: ma il credente non dimentica il seguito del versetto di Paolo (scelto quest’anno per le iniziative nella Settimana di evangelizzazione a maggio): frutto dello Spirito è anche la gioia; nella nostra epoca di crisi, infatti, che per i giovani si traduce anche in precarietà e impossibilità di progettare una vita professionale e familiare, «dovremo fare i conti stabilmente con la necessità di uno stile di vita più sobrio, con meno “cose”, con meno risorse economiche, con più precarietà. Ma “meno cose” non esclude che si possano trovare “cose migliori”, “meno risorse economiche” non esclude che si possano trovare “più risorse di socialità e di comunità”. Potremmo persino scoprire che si può essere più felici con ricchezze “diverse” da quelle sulle quali abbiamo costruito per decenni la nostra progettualità personale e sociale». Il frutto dello Spirito è poi anche la pace, e questo va ribadito soprattutto in un momento storico in cui morte e uccisioni si moltiplicano anche da parte di persone che pretendono di agire «in nome di Dio».

Non poteva mancare un riferimento alla visita del papa a Torino, alla risposta valdese a questa richiesta, alle incomprensioni sopravvenute con una parte della stampa relativamente alla disponibilità di parte valdese a intraprendere un cammino nuovo. La forza per compiere insieme questo cammino – di cui ha parlato anche mons. Bruno Forte, presidente dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (Unedi) della Conferenza episcopale italiana – ci viene da una nuova fraternità, che si nutre di uno studio comune della Bibbia, dell’opera di traduzione e di diffusione che protestanti e cattolici svolgono insieme.

Intanto, dal punto di vista interno, il Sinodo ha ripercorso e salutato con giusta soddisfazione e gratitudine a Dio i quarant’anni del Patto d’integrazione fra chiese valdesi e metodiste.

Il cammino è tutt’altro che privo di ostacoli, e di difficoltà, dovute anche al disinteresse che l’attuale società «postmoderna» ha nei confronti di Dio e della sua Parola: tuttavia, ha concluso Bernardini, «sappiamo di non essere soli. Non solo per una ritrovata e rinnovata fraternità ma perché sappiamo che dall’alto ci accompagna qualcuno di più grande di tutti noi messi insieme».

Foto P. Romeo