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Il battesimo, segno della grazia di Dio

L’ultimo libro di Paolo Ricca rappresenta un’occasione per leggere un libro fatto come si deve, la cui motivazione viene dichiarata fin dall’inizio. Una tesi di fondo sulla quale chiamare i lettori a confrontarsi ed eventualmente a dissentire, ma da esporre con coraggio. Così si è espresso Fulvio Ferrario, docente di Teologia sistematica alla Facoltà valdese di Roma, nel presentare Dal battesimo allo «sbattezzo». La storia tormentata del battesimo cristiano (Claudiana), il sabato 22 agosto a Torre Pellice.

Il libro segue quello dedicato alla Cena del Signore e, come ha detto Ferrario, appartiene a un genere letterario ben praticato da Ricca: una panoramica a partire dalle fonti, su una questione teologica ed ecclesiologica fondamentale, illustrando la posizione che hanno avuto autori fondamentali nella storia del pensiero cristiano, a partire dalle prime comunità, per passare al II secolo, ai Padri della Chiesa, alla Riforma, fino ai tempi più recenti. Dunque i testi originari, ma esposti senza «soffocare» il lettore in una congerie di note.

La tesi di fondo, ha proseguito Ferrario, è ben chiara: l’essenza e sostanza del battesimo è la grazia di Dio. Dice Lutero che il battesimo è «Parola di Dio nell’acqua», Gesù Cristo è egli stesso il contenuto del battesimo. Non quindi ciò che viene fatto dal battezzatore o dal battezzato – questa è e resta un’azione umana; al centro di questa azione umana agisce Dio, ciò che fanno gli uomini ha carattere «derivato». Fare chiarezza su questa premessa significa porre su basi più praticabili il confronto, tuttora acceso, sul battesimo dei fanciulli. dato per assodato – come più tardi ha ribadito Ricca stesso – che nel Nuovo Testamento non vi è traccia del battesimo dei bambini, è tuttavia esso una pratica cristianamente ammissibile e legittima? Ricca risponde di sì: non è un abuso né un’eresia. Proprio perché nel battesimo agisce Dio, esso non contraddice la qualità cristiana della testimonianza della Chiesa.

La pastora battista Lidia Maggi ha fatto innanzitutto riferimento alla dedica del libro: «Ai martiri cristiani di ieri e di oggi che, come Gesù, hanno ricevuto il battesimo di sangue (Mc. 10,39)». Nei secoli passati (si veda il caso degli anabattisti, su cui è tornato anche Ricca) come in epoche più recenti, in famiglia interconfessionali e in situazioni concretamente affrontate da pastori e pastore, il battesimo, che dovrebbe essere segno della grazia di Dio, ha portato con sé troppo spesso anche il lutto e il dolore. E oggi si arriva al paradosso di persone che chiedono di farsi annullare l’atto di battesimo ritenendolo una imposizione.

Il contrario dell’imposizione, ella nostra epoca postmoderna, è una cultura in cui il massimo rilievo viene dato ai diritti individuali, a una libertà individuale che è diventata un idolo: l’idea di mettersi nelle mani di qualcuno, di affidarsi a qualcuno sembra quasi trasgressiva. Ognuno diventa misura della propria vita, nell’autosufficienza ideale. Ecco – si è chiesta Maggi –: questo ha a che fare con il battesimo degli adulti? Il battesimo dei bambini, con l’accento posto sul dato comunitario dell’accoglienza e sull’impegno dei genitori all’educazione alla fede non ci dovrebbe interrogare in proposito?

Sì, ha risposto Paolo Ricca: una tendenza eccessiva verso l’individualismo potrebbe trovare in una concezione comunitaria del battesimo dei fanciulli una sorta di antidoto. È infatti la comunità che battezza, anche se in realtà tutti i battesimi che sono stati amministrati nella storia della Chiesa sono solo il «riflesso ecclesiastico» di quell’atto avvenuto nell’anno 30 sul Golgota, la morte di Cristo avvenuta per noi. Le successive domande del pubblico sono solo una prima prefigurazione del dialogo che nei mesi futuri sarà sicuramente intessuto nelle comunità, nei centri culturali, negli incontri ecumenici, per un processo continuo di educazione e autoeducazione alla fede, a cui questo libro, come gli altri di Paolo Ricca, non mancherà di contribuire.