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Che cosa resta di inconciliabile fra la teologia cattolica e quella riformata?

Dopo i numerosi  commenti sulla visita di papa Francesco nel tempio valdese di Torino, sarebbe  forse utile  proiettare la nostra riflessione (ove possibile insieme ai fratelli e alle sorelle cattoliche) verso il 2017, quando ricorderemo i 500 anni della Riforma di Lutero e inevitabilmente faremo  una riflessione sulla teologia e sul modo di concepire la chiesa e i ministeri. Nel saluto del moderatore al “ fratello Francesco”,  è stato detto che la sua visita abbatteva un muro eretto 800 anni fa quando i valdesi furono dichiarati eretici. Se, come sostengono molti, l’incontro di Torino ha “rilanciato l’ecumenismo” sarebbe assolutamente necessario riflettere non solo sui muri che separavano (fondamentalmente il libere praedicare praticato dai valdesi senza l’autorizzazione  del vescovo) ma ancora di più  sul profondo fossato, vera e propria divisione e contrapposizione, scavato all’interno della stessa chiesa cristiana  a causa della Riforma  protestante e della conseguente Controriforma cattolica approvata dal Concilio di Trento.

 I valdesi nel medioevo erano perseguitati più o meno duramente soltanto perché si rifiutavano di andare a messa, oggi ci sono frequenti scambi di pulpito, il vescovo predica nel tempio e il pastore durante la messa: ma si pensa forse che così il fossato è stato colmato? No, un papa è entrato in un tempio valdese, un muro è stato abbattuto (ma in molti casi cattolici e valdesi lo avevano già  almeno in parte demolito). Il fossato, la profonda divisione avvenuta nel ‘500, non può invece essere per ora colmato perché  questo avverrebbe nella confusione teologica e soprattutto ecclesiologica (il modo di concepire la chiesa). Lutero non è stato un sovversivo, non ha scritto un programma, un manifesto della Riforma contro la chiesa cattolica (pur denunciandone l’infedeltà e la corruzione). Lutero ha voluto approfondire il significato della parola evangelica, del testo biblico. La divisione è avvenuta perché la chiesa cristiana non ha potuto né voluto accettare di essere profondamente riformata. La Riforma crea  perciò un’altra chiesa cristiana e  a  sua volta la chiesa cattolica ribadisce i suoi dogmi nel Concilio di Trento. Nonostante i molti “aggiornamenti” la dottrina  tridentina nella chiesa di Roma è  rimasta  la stessa.

Facciamo l’esempio della messa e dell’eucarestia. Popolarmente si dice andare “a prender messa”: cioè per il cattolico l’essenziale è esserci quando il sacerdote eleva l‘ostia ripetendo il sacrificio; qualcosa di  misterioso (misterium fidei) trasforma l’ostia consacrata in corpo e sangue del Cristo sulla croce. Per operare questa trasformazione dell’ostia ci vuole ovviamente un sacerdote, che svolge la funzione di intermediario tra la divinità e l’umanità: e questa mediazione è  esercitata dal clero nel suo insieme ( dal semplice prete ai vescovi al “vicario di Cristo” venuto a Torino). Per Lutero il papa era l’Anticristo per significare che nessuno può essere vicario di Cristo,  perché «vi è un solo  Dio e anche un solo mediatore tra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo» (1  Tim.3/5). Per noi riformati (per altro sulla Cena si discusse e si litigò a lungo fra Lutero, Zwingli e Calvino) la Santa Cena è fatta “in memoria”, può essere celebrata da laici e il suo significato è bene espresso nell’inno 212 «Questo pane ci  rammenta di Gesù l’immenso amor il suo corpo rappresenta dato per i  peccator. Questo vin  per noi figura del suo sangue…». 

 Nell’incontro di Torino e nei commenti successivi, si è parlato di unità nella diversità, di diversità riconciliate, di ospitalità  eucaristica. A me pare che in vista del 2017 molta parte della predicazione nelle nostre chiese dovrebbe essere dedicata a spiegare, riflettere, capire se e che cosa resta di inconciliabile tra la teologia cattolica e quella riformata. Ad esempio proprio il papa, con tutta la sua simpatia, disponibilità, coraggio, rappresenta comunque l’istituzione papale, vale a dire il più grande ostacolo ecumenico, anche se in un domani improbabile si realizzasse una forma di papato conciliare.

Siamo  sempre più incerti  e  spesso ignoranti. O troppo rigidi e schematici o troppo  accomodanti  verso una  religione vaga e spirituale che rassicuri e non richieda un impegno personale… una religione “ fai da te” per cui non c’è bisogno né di culti né di messe.

Ho l’impressione che sul piano dell’etica non ci  siano grandi  ostacoli a  lavorare assieme cattolici e valdesi, e di fatto ciò avviene con molte iniziative di carattere solidale. Ancora distante  resta invece la visione della vita umana, specie nei momenti della nascita e della morte, della  famiglia, di molti diritti.

A chi oggi propone di affrontare i grossi nodi  teologici si risponde con sufficienza e del resto la gente, anche i molti che non credono, dicono a noi, non importa  di quale religione: a che cosa servono le chiese se non a fare del bene,  sostenere chi soffre? Dunque fate questo e lasciate perdere le chiacchiere inutili su divisioni, unità nella diversità. Il vero problema, caso mai, è l’Islam, altro che una Riforma di cinquecento anni fa.

Foto Pietro Romeo/Riforma