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Accadde oggi, 15 luglio

A conclusione degli anni ’80 del novecento, il decennio del disimpegno, dell’edonismo reaganiano (secondo il tormentone ideato da Roberto D’Agostino all’interno del programma cult “Quelli della notte” di Renzo Arbore), e della Milano da bere, non poteva mancare un evento dalle dimensioni pantagrueliche, che voleva rappresentare al mondo la grandezza italica e che invece si è rivelato uno scontro di potere, un capriccio dei potentati di turno , assunto a simbolo della parabola farsesca di una classe dirigente ambiziosa e rozza.

Alcuni si ricorderanno ancora del 15 luglio 1989, il giorno in cui Venezia ha rischiato di morire.

La città è il feudo di Gianni De Michelis, potentissimo uomo del Partito socialista, uno dei fedelissimi di Bettino Craxi, come lui deus ex machina di un sistema che, ponendo al centro di ogni ragionamento le infinite porte che il dio denaro può spalancare, si estendeva a livello sia nazionale che locale in maniera tentacolare, prima dell’inevitabile e inesorabile crollo e pubblico ludibrio.

De Michelis, il ministro di famiglia metodista che amava farsi fotografare in discoteca attorcigliato a belle donne o scatenato in danze alla moda, per la sua città sogna l’Expo, l’esposizione universale. Per lanciare la candidatura ci vuole un evento di portata mondiale, e cosa c’è di meglio di una data del tour di una delle band più famose di ogni tempo, i Pink Floyd.

La città che si regge su equilibri ambientali e architettonici fragilissimi si appresta ad ospitare uno dei gruppi “più potenti” da un punto di vista dell’intensità dei suoni emessi. La Rai, grande sponsor dell’evento, garantirà la diretta mondiale. La figuraccia intercontinentale sarà così assicurata.

Caos, polemiche, dimissioni date e poi revocate, minacce, firme mancanti: e mentre tutti litigano la data si avvicina inesorabile. Mancano transenne, servizio d’ordine, gabinetti, acqua, tutto. Rischia di mancare anche il faraonico palco perché non si sa dove metterlo. In fretta e furia viene costruita una struttura galleggiante per la band posta in mezzo alla laguna, davanti a piazza San Marco, dove invece si sistemerà il pubblico.

Che ovviamente è faraonico: duecentomila persone, forse più. Stipate ovunque, sui monumenti, sulle impalcature dei cantieri delle opere d’arte, sui tetti dei palazzi. La Sovrintendenza ottiene un abbassamento dei decibel previsti per non danneggiare i capolavori della città, col risultato che dalla terraferma si sente poco o nulla. Le riprese Rai mostrano pochissimo le bellezze della Serenissima. Ma è meglio così: il deflusso delle persone rivela uno sconfinato panorama di immondizia e una cloaca a cielo aperto. Quando i veneziani si risvegliano dall’incubo esplodono immediate le polemiche che dureranno anni e travolgeranno una classe dirigente prossima ad essere rasa al suolo da problemi personali e di partito se possibile ancora più seri.

L’Italia dei giovani rampanti aveva mostrato la propria tracotanza. Il debutto in società non era andato secondo i loro piani.