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Taizé: il pane e le rose della riconciliazione cristiana

«Siamo una comunità monastica con fratelli di diverse confessioni cristiane e diverse nazionalità. E vogliamo vivere questa “interculturalità” come una “parabola di comunione”». Con queste poche e semplici parole frère Alois Löser spiega, in un’ampia intervista sul mensile Jesus (scusate l’autopromozione, ma tant’è) il senso ultimo dell’esistenza di Taizé. Nata esattamente 75 anni fa, questa comunità ecumenica nel cuore della Borgogna, non lontano da Cluny, è stata a lungo un fenomeno mediatico: complice la forte personalità del fondatore, frère Roger Schutz, e la presenza costante di migliaia di giovani, fu ribattezzata la «Woodstock cristiana», per questo suo clima a metà tra l’happening da concerto rock e il luogo di ritiro spirituale.

Quest’anno Taizé celebra tre anniversari importanti: oltre al 75° dalla fondazione, anche il 100° della nascita e il 10° della morte di frère Roger, cristiano riformato svizzero che – negli anni della Seconda guerra mondiale – decise di ritirarsi quassù con alcuni compagni e dar vita a quella che si sarebbe dimostrata l’avventura ecumenica più famosa del ventesimo secolo. Malvisti per lungo tempo un po’ da tutti – dai riformati per la scelta “controcorrente” della via monastica, dai cattolici per la “pericolosa” piega interconfessionale – i monaci di Taizé furono riscoperti e “sdoganati” con il Concilio Vaticano II, cui frère Roger e Max Thurian parteciparono come osservatori non cattolici.

Divenuto “di moda” tra la fine dei Sixties e gli inizi dei Seventies, Taizé si è trasformato in un fenomeno di successo, una sorte di “brand ecumenico” vincente, specialmente tra le giovani generazioni di tutta Europa, che ancora oggi affollano il campeggio intorno al monastero e le veglie di preghiera nella grande chiesa della Riconciliazione.

In tempi di crisi nera della pratica religiosa, sia in ambito protestante che cattolico, da dove viene tutto questa “presa” che Taizé continua ad avere tra gli under 30? La domanda probabilmente richiederebbe una risposta lunga e complessa, che ha a che fare con la serietà della proposta e con la qualità umana e spirituale dei frères borgognoni. Una cosa è certa: qui non ci si toglie la pelle discutendo e arrovellandosi sulla teologia dell’incontro ecumenico, qui lo si vive. Semplicemente.

Insomma: il pane e le rose dell’unità dei cristiani, anticipati profeticamente sotto un unico tetto monastico.

Foto: “Taizé prayer” by Damir Jelic – Own work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.