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Gli scogli di Ventimiglia

Quasi un mese fa, centinaia di persone in transito verso il Nord Europa provenienti soprattutto da Eritrea e Sudan, sono rimaste bloccate a Ventimiglia dalla gendarmeria francese. La Francia non ha mai sospeso il trattato di Schengen, che prevede la libera circolazione all’interno della maggior parte degli stati Ue, ma ha comunque chiuso il confine, motivando la scelta con la norma del trattato di Dublino che prevede di identificare (e di conseguenza avviare le pratiche di asilo, laddove servano) nel primo paese di arrivo. Oggi i migranti si trovano ancora a pochi metri dal confine, vivono grazie agli aiuti di associazioni e croce rossa, e stanziano soprattutto sugli sugli scogli dei Balzi Rossi, dove nei giorni iniziali del blocco della frontiera avevano trovato rifugio dallo sgombero forzato della polizia italiana. La Csd – Diaconia Valdese aveva aperto una raccolta di fondi, che ha destinato a chi sta gestendo direttamente l’emergenza, in particolare la Caritas Diocesana di Ventimiglia – Sanremo. Con Massimo Gnone, responsabile del Servizio Rifugiati e Richiedenti Asilo della Diaconia Valdese, vediamo cosa è cambiato e quali incognite ci sono ancora.

Solitamente i vostri servizi per i migranti lavorano nelle emergenze?

«Quando abbiamo assistito a quelle scene sui media, abbiamo pensato di agire in modo rapido e cercando di non sovrapporci con gli interventi che si stavano avviando in quella zona: è stata una reazione spontanea. Ci siamo raccordati immediatamente con chi stava lavorando con le persone in transito verso la Francia, e la scelta è stata quella di mettersi in contatto con la Caritas Diocesana di Ventimiglia e Sanremo. Rispondere all’emergenza può sembrare una novità, ma fino a un certo punto, perché la Diaconia Valdese è attiva in progetti che possiamo definire a tutti gli effetti di emergenza: pensiamo alle persone ora accolte in val Chisone, arrivate immediatamente dopo essere sbarcate sul territorio nazionale un paio di giorni prima. Anche le persone accolte in questo territorio arrivano senza il vestiario adeguato, affamati, senza documenti. Sappiamo bene cosa significa lavorare con persone che sono appena giunte nel nostro paese dopo un viaggio difficile».

Cosa sapete dei migranti sugli scogli a Ventimiglia?

«Pochi giorni fa ci siamo messi in contatto con il direttore della Caritas Ventimiglia-Sanremo che ci ha aggiornato sulla situazione. Come hanno riportato alcuni quotidiani, sono una cinquantina le persone che sono ferme al confine con la Francia, e la situazione è particolarmente difficile. Stare sugli scogli sembra anche una presa di posizione da parte di queste persone che in questo modo sperano di avere una visibilità. In questo periodo ci sono state altre notizie in prima pagina, e questi migranti sono usciti dai riflettori. Ma una cinquantina di persone sono ancora lì, accolte e sostenute dalla Croce Rossa, con la quale la Caritas collabora. Quest’ultima si occupa anche delle numerose persone che arrivano alla stazione di Ventimiglia: ci sono circa 300 migranti al giorno alla stazione, in arrivo da un viaggio molto complesso. Alcuni avevano fatto il biglietto fino a Parigi, ma sono stati fermati. Non credo che qualcuno rimborserà quel biglietto del treno».

Restano restano anche per protesta?

«Bisognerebbe valutare caso per caso. C’è qualcuno che protesta, “occupando” gli scogli, ma anche qualcuno che ignora altre forme di passaggio verso la Francia, e gli ultimi arrivati, che aspettano di vedere come evolve la situazione. Anche perché l’applicazione della norma non è così chiara: alcuni sono in attesa della modifica. La situazione è più complessa rispetto al transito: la questione è sull’accoglienza e sulla libera circolazione delle persone di chi arriva nell’area Schengen».

Sono fermi perché la Francia fa leva sul regolamento di Dublino?

«Dal punto di vista internazionale non ci sono variazioni: non sembra che l’Unione Europea abbia preso delle decisioni soprattutto in merito alle revisioni del regolamento di Dublino e dei regolamenti collegati che in qualche modo danno ragione alla Francia sul piano normativo. Anche se molti non vogliono fermarsi in Italia, la normativa non ammette delle eccezioni, e la richiesta di asilo deve forzatamente essere fatta nel primo paese di ingresso nell’area dell’UE. Si può andare a discettare sul piano umanitario, soprattutto considerando che nei mesi scorsi, di fatto, moltissime persone sono sfuggite alle maglie della regolamentazione di Dublino e sono andati in altri paesi europei. Ventimiglia è diventata soprattutto un blocco mediatico e politico, in Francia soprattutto. Il Front Nazional è molto forte, e la presidenza Hollande deve tenere conto anche di questa situazione. Lo stesso avviene a Calais, sulla Manica, che è diventato un limbo, un’attesa, da quando l’Inghilterra blocca la frontiera».

La vostra raccolta prosegue?

«L’idea è di proseguire con la raccolta fondi. Infatti c’è abbastanza turn over delle persone, ce ne sono di nuove senza vestiti, in ciabatte, senza cibo, per le quali l’assistenza non può fermarsi. Il bisogno e l’emergenza continuano a esserci, magari senza il picco di un mese fa, ma il flusso di persone che sta arrivando in Sicilia non si è mai interrotto, e alcune di loro riescono a raggiungere Ventimiglia».

Foto: “Confine Francia Italia Roia” by Andre86Own work. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons.