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Portatori di speranza

Vent’anni fa il 3 di luglio a Pian dei Giullari, sopra Firenze, si toglieva la vita. Alexander Langer: pacifista, fondatore del movimento dei verdi, politico, impegnato nella costruzione di una società interetnici, scrittore ma soprattutto costruttore di dialogo. La settimana prima della sua morte lo vede ancora impegnato nel mettere in piedi una delegazione per farsi ricevere a Cannes al vertice dei capi di stato europei. Da poco c’era stata la strage di Tuzla e sarajevo era sotto assedio da 3 anni. Chirac rispose no alla sua richiesta di un intervento di polizia internazionale per salvare Sarajevo. Oggi le sue parole di allora “L’Europa nasce o muore a Sarajevo” suonano drammaticamente profetiche. Di fronte al risorgente nazionalismo nei paesi europei,;di fronte all’arrivo di popoli interi che scappano dalle guerre mediorientali e africane; di fronte alle paure di perdere ciò che hanno in mezzo alla crisi economica il suo “Tentativo di decalogo per una convivenza interetnica”, presentato nel ’94 dovrebbe essere oggi un testo da diffondere nelle scuole:”Nelle nostre società “deve essere possibile una realtà aperta a più comunità, non esclusiva, nella quale si riconosceranno soprattutto i figli di immigrati, i figli di famiglie miste, le persone di formazione più pluralista e cosmopolita”. (…) “La convivenza plurietnica, pluriculturale, plurireligiosa, plurilingue, plurinazionale appartiene e sempre più apparterrà, alla normalità, non all’eccezione”. (…) “In simili società è molto importante che qualcuno si dedichi all’esplorazione e al superamento dei confini, attività che magari in situazioni di conflitto somiglierà al contrabbando, ma è decisiva per ammorbidire le rigidità, relativizzare le frontiere, favorire l’integrazione”.

Un uomo felicemente senza patria e bilingue che aveva fatto dell’apertura all’altro, del far proprio il punto di vista altrui, la sua regola di vita che gli era costata diverse critiche come e molta solitudine.

Forse è troppo arduo essere individualmente degli Hoffnungsträger, dei portatori di speranza: troppe le attese che ci si sente addosso, troppe le inadempienze che inevitabilmente si accumulano, troppe le invidie e le gelosie di cui si diventa oggetto, troppo grande l’amore di umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono, troppa la distanza tra ciò che si proclama e ciò che si riesce a compiere”. Così Langer salutava nel 1992 la morta di Petra Kelly, leader dei Verdi tedeschi e compagna di lotte al parlamento europeo.

Alex Langer è stato per molti un relatore brillante, un amico, ha incontrato le chiese valdesi attraverso amici e progetti comuni nati prima e dopo l’assemblea ecumenica che lanciò lo slogan “Pace giustizia e salvaguardia del creato”. Ha tenuto insieme la sua cultura cattolica e la riflessione ecologica, è stato criticato dal PdS nel ’94 che gli rifiuto la candidatura provocatoria alla guida del partito dopo la sconfitta di Occhetto; e dalle sinistre per la sua ricerca di un dialogo con il documento Ratzinger in materia di Bioetica, in particolare sulla brevettabilità della manipolazione genetica. Un interprete, traduttore verso il tedesco della celebre “Lettera ad un professoressa” e in simultanea, sul palco, dei dialoghi di Dario Fo, durante la tournée in Germania di “Mistero Buffo”. Precursore di una riflessione ecologica capace di tenere insieme temi ambientalisti, etici, religiosi e di ciò che oggi verrebbe definito “decolonizzazione dell’immaginario” dagli autori della decrescita, che spesso a lui si sono ispirati non sempre riconoscendone il debito intellettuale:

La domanda decisiva è: come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile? “Lentius, profundius, suavius”, al posto di “citius, altius, fortius”
La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta. (..). Non si può certo dire che ci sia oggi una maggioranza di persone disposta ad impegnarsi per una concezione di benessere così sensibilmente diversa come sarebbe necessario.
Nè singoli provvedimenti, nè un migliore “ministero dell’ambiente” nè una valutazione di impatto ambientale più accurata nè norme più severe sugli imballaggi o sui limiti di velocità – per quanto necessarie e sacrosante siano – potranno davvero causare la correzione di rotta, ma solo una decisa rifondazione culturale e sociale di ciò che in una società o in una comunità si consideri desiderabile.
Sinora si è agiti all’insegna del motto olimpico “citius, altius, fortius” (più veloce, più alto, più forte), che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove l’agonismo e la competizione non sono la nobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana ed onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare, al contrario, in “lentius, profundius, suavius” (più lento, più profondo, più dolce”), e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso.
Ecco perché una politica ecologica potrà aversi solo sulla base di nuove (forse antiche) convinzioni culturali e civili, elaborate – come è ovvio – in larga misura al di fuori della politica, fondate piuttosto su basi religiose, etiche, sociali, estetiche, tradizionali, forse persino etniche (radicate, cioè, nella storia e nell’identità dei popoli). Dalla politica ci si potrà aspettare che attui efficaci spunti per una correzione di rotta ed al tempo stesso sostenga e forse incentivi la volontà di cambiamento: una politica ecologica punitiva che presupponga un diffuso ideale pauperistico non avrà grandi chances nella competizione democratica
”.

Alex Langer costruiva ponti e instancabilmente credeva nel dialogo fra le parti. Un compito faticoso, sfibrante che costringe nella sua onestà intellettuale ad esaminare di continuo il proprio dire e il proprio vivere. Un profeta verde come è stato definito. Uno a cui il ruolo pesava e che non riusciva a comprendersi solo nel ruolo del parlamentare o di chi è arrivato. “Vorremmo esistere per tutti, essere di aiuto ed entrare in contatto con tutti. Il nostro aiuto è aperto a tutti, così come per tutti vale la nostra preghiere”. Così nel 1961 inaugurava su un suo scritto la nuova rivista Offenes Wort. Ma la domanda sul dove trovare le energie per portare aiuto continuò per tutta l’esistenza. La domanda del profeta solitario, di colui che vede nel suo cammino la chiamata e la sconfitta, la speranza da annunciare e il dramma del mondo che si consuma e si rinnova sono forse il tema della sua esistenza e della sua morte: I pesi mi sono divenuti davvero insostenibili, non ce la faccio più. Vi prego di perdonarmi tutti anche per questa mia dipartita. Un grazie a coloro che mi hanno aiutato ad andare avanti. Non rimane da parte mia alcuna amarezza nei confronti di coloro che hanno aggravato i miei problemi. “Venite a me voi che siete stanchi ed oberati”. Anche nell’accettare questo invito mi manca la forza. Così me ne vado più disperato che mai. Non siate tristi continuate in ciò che era giusto. Alex Langer era un fratello in Cristo, un fratello di testimonianza e di annuncio, un fratello di fatiche e di gioie. La sua disperazione è la nostra, la sua solitudine la conosciamo. Il Dio che ci sostiene e ci permette di annunciare la sua speranza è lo stesso che ci dice che non siamo soli. 

Foto “War damage on Sarajevo buildings (14024736919)” by Michał HuniewiczWar damage on Sarajevo buildings. Licensed under CC BY 2.0 via Wikimedia Commons.