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The Mosque. La Moschea.

Fino a dove può spingersi l’arte prima di diventare provocazione? L’espressione artistica va arginata o può permettersi tutto? L’arte ha obiettivi estetici, etici o politici?

Molte domande a cui i più sensibili non saranno in grado di dare una risposta certa. Perché le domande portano ad altre domande e a una visione sempre più olistica del mondo. L’arte è arte quando pone domande e mette in discussione, in sintesi quando crea legami, perché la nascita di un dubbio pone sulla via della ricerca di risposte che altri forse possono dare, o magari mette alla ricerca di se stessi. Parliamo della necessità di andare da un punto A, quello in cui si stava prima dell’opera d’arte, a un punto B, quello verso cui l’opera spinge, creando, appunto, un legame. Un movimento.

Il punto A in questione è Venezia, la città dove si svolge una delle manifestazioni artistiche più importanti del mondo, la Biennale, che quest’anno ha un curatore, Okwui Enwezor primo africano invitato in 56 edizioni, con una visione precisa: avviare un progetto di esplorazione allargata sull’opportunità di disegnare mondi possibili. Il tema della Biennale è infatti All the world’s futures.

Una premessa importante per inquadrare il contesto in cui l’artista svizzero Christoph Büchel, invitato a curare il padiglione islandese, ha operato; nello specifico l’ex chiesa di santa Maria della Misericordia, trasformata da Büchel in una moschea temporanea, ma attiva a tutti gli effetti e a disposizione della comunità musulmana della città.

Tornando a Venezia, è interessante sapere che il suo glorioso passato da repubblica marinara l’ha resa nei secoli un importante punto di scambio commerciale e culturale, in particolar modo col Medioriente, tanto da essere l’unica città italiana a conservare un nome arabo: non si usa una trascrizione o una traslitterazione, la si chiama Al-bunduqiyya. E se avere un nome equivale ad esistere, questo fatto la dice lunga sull’importanza che la città ha in luoghi culturalmente molto diversi dall’Italia.

Una città di passaggio, un porto, un luogo di scambio e di incontro della diversità che in secoli di storia non ha mai avuto una moschea. Attraverso l’installazione di Büchel questo vuoto sarebbe stato colmato, almeno per sette mesi, ovvero per la durata della Biennale, se non fosse che le numerose proteste dei cittadini hanno portato a una chiusura anticipata della moschea, The Mosque, come l’artista aveva semplicemente chiamato l’opera. Il Comune, a meno di venti giorni dall’inaugurazione, ha sospeso il progetto perché «sono state violate le prescrizioni riguardanti il divieto di utilizzo, durante l’orario di apertura al pubblico, dello spazio interno dell’ex chiesa per finalità diverse da quelle di una mostra espositiva» e ancora per «le difformità riscontrate rispetto alle dichiarazioni e alla documentazione prodotta dai responsabili dell’istallazione che hanno riguardato in particolare la violazione delle norme sulla sicurezza dei luoghi, visto il ripetuto superamento del limite massimo di capienza, limite in relazione al quale erano state approntate le necessarie misure di sicurezza».

Claudio Cravero, curatore presso il King Abdulaziz Center for World Culture in Arabia Saudita, presente alla Biennale, ha partecipato all’inaugurazione e ha riscontrato che il superamento della capienza del padiglione è effettivamente avvenuto soltanto il primo giorno. «Noi, come addetti ai lavori nell’ambito dell’arte contemporanea, siamo sempre soggetti a stereotipi che sono quelli per i quali l’arte è trasgressiva – dice – l’arte in realtà non vuole trasgredire nulla, vuole leggere il presente, vuole rappresentarlo ma è sempre un po’ più in là; ha sempre questo scarto rispetto al presente. Quindi ci stanno le riflessioni sulle migrazioni, il problema razziale, la crisi civile e sociale e non solo religiosa, che abbiamo sentito a Venezia: fa sì che si muovano delle coscienze».

Vista dall’Arabia Saudita, dove lui lavora, la particolarità della situazione porta a una riflessione sostanziale: è davvero straordinario, nel senso di fuori dall’ordinario, che ad Al-bunduqiyya, Venezia, non ci sia una moschea.

La questione è articolata e interroga lo stesso Cravero: «In questo momento di Ramadan io sto vivendo la situazione opposta. Perché pur non essendo musulmano sono sotto l’egida di musulmani e anch’io non posso consumare cibo e non posso bere durante il lavoro, nonostante i 43 gradi, e non posso fumare; questo fa si che anch’io mi stia ponendo la questione. A Venezia è stata chiusa la moschea nata attraverso un progetto artistico, ma io mi ritrovo a lavorare nell’arte, in Arabia Saudita, e non solo non posso esercitare la mia professione di fede ma non posso condurre una vita normale perché non sono musulmano». Guardare le cose da lontano permette di sottrarsi alla logica dicotomica del giusto contro sbagliato.

Se obiettivo dell’artista è mettere in evidenza quelle che sono le problematiche sociali e territoriali in cui si pone l’opera, potremmo dire che l’intento è pienamente riuscito. La chiusura della Moschea non è un colpo inflitto all’arte, ma alla comunità musulmana forse sì. «L’arte è sempre stata politica, non perché è istituzionale e rappresentativa di un paese o di un movimento, è politica perché è azione» dice Cravero. «Nel momento in cui noi portiamo a livello estetico, prima ancora che etico un progetto e la sua portata, stiamo muovendo delle cose, quando muoviamo delle cose noi diventiamo azione e quell’azione è una presa di posizione. Una presa di consapevolezza su quanto succede. L’artista ha messo in piedi coscientemente una macchina che scatena e muove delle coscienze, quindi è a mio avviso uno dei pochi progetti politici a tutti gli effetti che ho visto negli ultimi anni nelle varie manifestazioni all’estero».

L’apertura e la chiusura dell’installazione The Mosque hanno creato un certo movimento. Rimane da vedere in che direzione questo porterà, quali sono i futuri possibili – All the World‘s Futures – per una comunità, una città e un paese, evocati dal curatore della 56ª Biennale di Venezia, ma la cui eco è internazionale. Dov’è il punto B?

Foto “Photography of Venice at dusk” di MatrobrivaOpera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.