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Accogliere i migranti, una vocazione a portata di mano

(Riforma/Nev) Va consolidandosi il lavoro d’accoglienza dei migranti della Casa delle culture di Scicli (Rg), all’interno del progetto Mediterranean Hope (Mh) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei). La Diaconia valdese – Commissione sinodale per la diaconia (Csd) è impegnata su tutto il territorio nazionale con progetti d’accoglienza, e sta preparando un Vademecum che aiuti le chiese interessate ad avviare interventi d’accoglienza per i migranti. Abbiamo intervistato il pastore Francesco Sciotto, per chiedergli dello stato attuale del lavoro e dell’idea del Vademecum.

A che punto è il lavoro della Casa delle culture di Scicli?

«La Casa delle culture prosegue il suo lavoro di accoglienza di migranti. Siamo in contatto continuo con le istituzioni, in particolare con la prefettura di Ragusa e la questura di Pozzallo. Ospitiamo in questo momento persone che arrivano direttamente dal «Centro di primo soccorso e accoglienza» (Cpsa) di Pozzallo, persone appena sbarcate, e che costituiscono un’utenza fragile: minori non accompagnati, madri con bambini molto piccoli, donne in stato interessante. Il loro percorso in Italia viene poi seguito dalla rete del «Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati» (Sprar), per procedere con la richiesta di domanda d’asilo. Alcuni progetti invece proseguono all’interno della Casa delle culture. Per questo motivo abbiamo un’utenza molto variegata anche nei tempi di permanenza. Alcune persone si fermano pochi giorni, altre già da molti mesi vivono con noi, e sono coinvolte in progetti d’integrazione e di seconda accoglienza. Questo è il lavoro della Casa delle culture di Scicli, che prosegue con forza grazie al consistente apporto della comunità della Chiesa metodista locale, col suo lavoro volontario. E’ la dimostrazione che una comunità può essere rinvigorita dalla vocazione a fare un lavoro: questo le dà linfa per potersi rimettere in gioco».

Cosa possono fare altre chiese che vogliono contribuire allaccoglienza dei migranti?

«La Commissione sinodale per la diaconia (Csd) sta preparando un Vademecum per le comunità che vogliano impegnarsi in progetti d’accoglienza, e si mette a disposizione per sostenere le chiese nella prima fase della progettazione: nel prendere i contatti istituzionali, per esempio. Per poi procedere con piccoli ma significativi interventi di accoglienza. Iniziare da zero è sempre più difficile, mentre questo sostegno leggero della Csd, col Vademecum e un primo accompagnamento, presenta un modello già rodato che vuole essere un aiuto. La Csd si occupa dei migranti attraverso svariati progetti: a Vittoria (Rg) gestiamo uno Sprar che ospita fino a sessanta richiedenti asilo, a Milano sta partendo un progetto, nelle Valli Valdesi abbiamo da anni luoghi di accoglienza e a Firenze sta per essere aperto un centro per giovani e minori non accompagnati. Se una chiesa locale ha un appartamento che non usa da anni, oppure che sarà vacante per un periodo consistente, e vuole metterlo a disposizione di queste persone, può prendere contatto con la Csd. Le comunità comunque possono collaborare anche senza un appartamento a disposizione: le possibilità di azione sono molteplici e insieme si possono studiare i modi migliori di realizzarle».

Durante gli scorsi mesi è stata data eco mediatica alle proteste e alle polemiche di parte della popolazione locale contro lapertura della Casa delle culture di Scicli: qual è la situazione?

Non solo a Scicli, ma anche per lo Sprar a Vittoria l’impressione è che ci sia una reale integrazione delle persone che ci sono affidate. Le persone sono ben accette dalla popolazione. Le nostre case d’accoglienza sono luoghi aperti che dialogano con la città e il territorio. Queste esperienze positive noi le ravvisiamo in tutti i territori dove operiamo: dal nord, nelle città più grandi come anche nei luoghi più piccoli, fino al sud alla Casa delle culture. L’esperienza che stiamo facendo è assolutamente lontana da quella di cui abbiamo letto nei giornali; forse anche perché abbiamo avuto l’intuizione di fare questi tipi di interventi nei centri storici delle città, il che ci ha aiutato a dialogare immediatamente col territorio. Le risposte della popolazione locale sono estremamente positive e incoraggianti».

Foto Paolo Ciaberta