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Accadde oggi, 5 giugno

La strada che da Cosenza si inerpica verso Morano, quasi al confine con la Basilicata costellata da centinaia di pali, e su ognuno di questi il cadavere squartato di un uomo, perché la popolazione possa vedere e trarne perenne monito. Così si presenta questo lembo di Calabria i giorni successivi al 5 giugno 1561, la data della strage che nella mente degli ideatori deve avere funzioni rieducative. Ma chi sono questi martiri e come sono arrivati fin quaggiù, fra montagne tanto impervie da ricordare quelle della val d’Angrogna? Sono i Valdesi di Calabria. Sono qui ormai dal XIII e XIV secolo, sfuggiti alle prime persecuzioni in Piemonte, e si sono stanziati soprattutto in provincia di Cosenza, a Montalto Uffugo, a San Sisto, a Guardia Piemontese. La comunità ha mantenuto un basso profilo, evitando di predicare apertamente la propria fede, riunendosi in case private, senza mai perdere i contatti con le comunità del Nord Italia e della Svizzera. Ma poi viene Lutero, viene Calvino, arriva il Sinodo di Chanforan del 1532 con la decisione di aderire alla Riforma protestante che sta scuotendo l’Europa. E tutto cambia. I Valdesi di Calabria escono dall’anonimato, iniziano a predicare, erigono un tempio a Guardia Piemontese. Non sanno ancora che la Chiesa cattolica ha scelto di non stare a guardare, ma anzi è pronta a reagire con forza. Viene convocato il Concilio di Trento, che condanna la Riforma protestante e sostanzialmente legittima la nascente Inquisizione come strumento principe per combattere gli eretici. Il sud Italia è in mano spagnola e i suoi Vicerè e governatori ci tengono a mostrare la fedeltà al papato e alla fede cattolica. Iniziano le azioni “persuasive”: i divieti di riunioni, di utilizzo della lingua occitana, di viaggi in Piemonte, l’obbligo di ascoltare la messa ogni mattina e altri provvedimenti simili.

Ma non basta per piegare questi tenaci montanari resistenti come la gramigna. E allora ci vogliono le maniere forti. La notte del 5 giugno 1561, con uno stratagemma, soldati spagnoli entrano a Guardia Piemontese, che all’epoca si chiamava semplicemente La Guardia, attraverso quella che da allora si chiama “la Porta del sangue”. Impossibile risalire al preciso numero di morti di quei giorni di terrore: si tratta comunque di diverse migliaia di valdesi, vittime della furia cieca degli inquisitori. Inizia ovviamente una diaspora, ma un pugno di irriducibili si da alla macchia ma non lascia queste terre, proseguendo la vita di una comunità che resiste viva e fiera ancora ai giorni nostri.

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