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Libertà religiosa sempre più minacciata

La Commissione Usa sulla libertà religiosa (Uscirf)  ha pubblicato il suo rapporto annuale all’inizio di maggio. Ecco i cinque punti principali che ne emergono:

La lista che raggruppa i Paesi a risschio è incompleta. L’Uscirf non è soddisfatta della lista che raggruppa i «Paesi particolarmente preoccupanti in materia di libertà religiosa» (Cpc) stabilita dal Dipartimento di Stato Usa.

Questa lista era rimasta stabile per circa un decennio fino a quando il Turkmenistan ha raggiunto, lo scorso anno, il Myanmar, la Cina, l’Eritrea, l’Iran, la Corea del Nord, l’Arabia Saudita, il Sudan e l’Uzbekistan, sulla lista dei Paesi più preoccupanti. L’Uscirf auspica  che l’Egitto, l’Iraq, la Nigeria, il Pakistan, la Siria, il Tagikistan, il Vietnam e, per la prima volta, la Repubblica centrafricana siano aggiunti a questa lista.

La Repubblica centrafricana, uno dei Paesi più preoccupanti. La pulizia etnica dei musulmani, la distruzione di centinaia di moschee e lo spostamento di milioni di persone, su sfondo di violenza tra una maggioranza cristiana e una minoranza musulmana, sono prove ampiamente  sufficienti per spingere l’Uscirf a raccomandare che la Repubblica centrafricana venga retrogradata allo statuto dei Paesi più preoccupanti. Anche se questa designazione è riservata legalmente alle violazioni delle libertà religiose da parte dei governi, la Repubblica centrafricana non ha avuto governi operativi da due anni, il che ha permesso a milizie settarie di perpetrare questi abusi. L’Uscirf raccomanda al governo americano di dare la precedenza alla fine della violenza settaria e di ridurre le tensioni interreligiose nell’ambito del suo impegno permanente con la Repubblica centrafricana.

Sorvegliare la Malesia. In oltre 17 Paesi che l’Uscirf vuole inserire nell’elenco, la Commissione segnala 10 Paesi «di livello 2» dove le violazioni della libertà religiosa sono serie ma non rispondono alle norme della categorizzazione dei Cpc. Questo elenco resta immutato rispetto allo scorso anno e comprende l’Afghanistan, l’Azerbaigian, Cuba, l’India, l’Indonesia, il Kazakistan, il Laos, la Malesia, la Russia, la Turchia.

Ma la Malesia è in una situazione limite: dopo che alcuni responsabili governativi e alcuni capi religiosi sono riusciti a fare adottare molte nuove leggi e strategie che diminuiscono i mezzi di protezioni giuridiche per le minoranze religiose. I gruppi religiosi ritenuti «devianti», ivi comprese le comunità sciite, ahmadiyya e bahá’í, sono vietati. I non musulmani non possono pronunciare la parola «Allah»,  e i tribunali civili e la polizia della shari’ah controllano sempre più l’espressione religiosa.

Perseguire i militanti dello Stato islamico. L’Uscirf vuole che la Corte penale internazionale processi le violazioni perpetrate dallo Stato islamico contro minoranze religiose ed etniche in Iraq e in Siria. La Commissione chiede al governo americano di incoraggiare il Consiglio di sicurezza dell’Onu a inviare un delegato della Corte penale internazionale per indagare sulle atrocità pepetrate dallo Stato islamico.

L’Uscirf auspica inoltre che il Congresso modifichi la Legge sulla libertà religiosa internazionale – che è all’origine dell’Uscirf –, per permettere di integrare nell’elenco dei Cpc Paesi in cui non sono solo i governi ma attori non statuali a violare la libertà religiosa, come succede attualmente in Iraq, Siria, Repubblica centrafricana e Nigeria.

Cipro, la Nigeria e lo Sri Lanka sulla buona via. Nonostante uno sfondo molto scuro, c’è un po’ di luce nel rapporto. La libertà religiosa e l’armonia sono migliorate a Cipro, dove si rileva un migliore accesso ai luoghi di culto da una parte e dall’altra della linea verde che separa, dal 1974, l’isola di Cipro e la Repubblica turca di Cipro del Nord.

Da parte sua, la Nigeria ha vissuto il suo primo passaggio di poteri pacifico e democratico quest’anno, quando il musulmano del nord Muhammadu Buhari ha battuto nelle urne il sudista cristiano Goodluck Jonathan. D’altra parte, il nuovo governo dello Sri Lanka ha preso misure positive per promuovere la libertà religiosa e l’unità di fronte al nazionalismo buddhista violento.

Fonte Rns/Protestinter

(Traduzione dal francese di Jean-Jacques Peyronel)

Foto: “Bahá’í gardens by David Shankbone” di David ShankboneDavid Shankbone. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.