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Franca Biondelli: religioni, pratiche, diritti e punti di incontro per superare le discriminazioni

Il 18 e 19 maggio ad Assisi si è tenuto il terzo appuntamento del Tavolo interreligioso. Due giorni dedicati al dialogo, all’integrazione con i rappresentanti delle religioni presenti in Italia e gli esperti dell’Unar (vedi la notizia su Riforma.it). Abbiamo intervistato Franca Biondelli, sottosegretario al Ministero del lavoro e delle politiche sociali con delega all’integrazione e che presiede e coordina i lavori del Tavolo interreligioso.

Sottosegretario Biondelli, la scelta è caduta su Assisi, luogo ricco di spiritualità dove Giovanni Paolo II nel 1986 volle incontrare le religioni del mondo, per convocare il terzo incontro del Tavolo interreligioso. Un appuntamento importante.

«Credo che l’incontro di Assisi sia stato percepito da tutti i partecipanti come un momento importante di confronto. Da quando ho ricevuto la delega all’Integrazione ho vissuto con entusiasmo l’opportunità di coordinare i lavori del Tavolo interreligioso: attività che condivido con l’Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale (Unar). La volontà è quella di riunire i rappresentanti delle religioni presenti in Italia per conoscerne e comprenderne le tradizioni, la spiritualità e le usanze, comunità di fede che abitano il nostro paese. Un pluralismo religioso e interculturale che ritengo essere fonte di ricchezza e di crescita. Siamo giunti al terzo incontro da quando mi occupo del Tavolo e devo dire che i risultati sono sempre più visibili; un Tavolo che vuole essere un luogo di condivisione, certamente, ma anche di confronto – oltre alle ricchezze e alle iniziative importanti che ogni comunità porta avanti e ci racconta – e dove poter affrontare anche le difficoltà che ancora oggi molte di esse, prive di riconoscimento giuridico o con tutele legislative vetuste, sono costrette a vivere. Un esempio per molte è l’impossibilità di praticare il proprio culto in luoghi adeguati o di poterne costruire di nuovi. E’ successo infatti di recente che una legge della Regione Lombardia sull’edilizia detta “anti moschee” fosse altamente lesiva della libertà di culto. La gravità di tale provvedimento, emersa in occasione dell’ultimo incontro del Tavolo interreligioso a Roma, ci ha spinti ad intervenire e, anche grazie al nostro interessamento, il provvedimento è poi stato impugnato dal governo italiano. Molte comunità religiose aderenti al Tavolo interreligioso sottolineano anche altre difficoltà come: l’assistenza spirituale ai propri fedeli negli ospedali o nelle carceri; il reperimento del cibo indicato dalla propria religione per la corretta alimentazione. In molti lamentano invece la carente informazione del ‘fatto religioso’ raccontato nella sua complessità, una falla informativa che dovrebbe essere colmata anche per contrastare la diffusione di stereotipi e pregiudizi».

Un’esperienza significativa, anche per voi come istituzioni dunque?

«Abbiamo deciso, in accordo con il direttore De Giorgi dell’Unar, di intensificare gli incontri del tavolo proprio perché li riteniamo utili. Incontri che ogni volta affronteranno temi specifici. Dopo il rapporto tra religioni ed educazione e religioni e cibo, proposti per la discussione in questa occasione, abbiamo pensato che i prossimi incontri dovranno affrontare il lavoro e la comunicazione. Il Governo vuole andare avanti con determinazione sui temi legati all’inclusione. Ci è stato detto più volte, proprio dai partecipanti, che la cadenza regolare di questi incontri è importante. Un’opportunità che genera amicizie e condivisioni, un’occasione per sciogliere le eventuali incomprensioni che spesso accompagnano il percorso interculturale e interreligioso. Il tavolo è dunque uno strumento dialogico pensato per affrontare e analizzare insieme ai rappresentanti delle religioni sia le tematiche più semplici, sia quelle più complesse».

Affrontate anche questioni che vanno oltre i confini nazionali?

«La nostra analisi tocca anche questioni geopolitiche: l’insorgere di nuovi fondamentalismi, il tema delle migrazioni e la fuga dalle guerre, il problema legato al cosiddetto “Stato islamico” – Daesh, le nuove derive razziste e antisemite che attraversano l’Europa e il recente caso di Charlie Hebdo che ha messo in luce quanto l’informazione abbia un ruolo importante nel dibattito culturale e religioso. Questi temi, seppur marginalmente, sono stati affrontati anche in occasione della due giorni di lavoro ad Assisi e negli incontri precedenti. L’unico elemento che a mio avviso può far superare le criticità, gli ostacoli, che spesso minano il percorso interculturale e interreligioso è proprio il dialogo. Un dialogo schietto e sincero che passa attraverso la comprensione reciproca, la conoscenza dell’altro. Solo così si potrà far passare un segnale di distensione e di pace, con le buone pratiche, la difesa dei diritti, l’attenzione ai fenomeni discriminatori».

La Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) con la sua Commissione studi – che appoggia un gruppo di giuristi guidati da Roberto Zaccaria nell’elaborazione di un nuovo testo di legge –  è da tempo impegnata per arrivare ad una proposta di legge quadro per la libertà religiosa in Italia. Secondo lei, ci sono i presupposti politici per arrivare ad un’approvazione parlamentare?

«I tempi sono maturi, assolutamente, ne sono convinta. Il Governo ha dimostrato di avere un’attenzione particolare al tema del pluralismo religioso. Ritengo che se il testo prodotto dai giuristi dovesse arrivare anche all’attenzione della Camera e del Senato potrebbe giungere, questa volta, al traguardo auspicato».

Il ruolo dell’informazione. La Fcei, insieme alle chiese valdesi e metodiste, ha deciso di lanciare, proprio ad Assisi, l’idea di una “Carta di Assisi”, seguendo l’esempio della Carta di Roma. Quella di Assisi sarebbe una Carta deontologica dedicata all’informazione religiosa da redigere in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della stampa italiana.

«E’ stata una bellissima idea e mi devo complimentare con voi. Sia io che l’Unar abbiamo preso sul serio la vostra proposta e l’abbiamo messa in agenda. Dunque, dopo aver preso in considerazione la vostra idea e studiata la fattibilità, su come poter operare, nel nostro prossimo incontro, faremo probabilmente un passo successivo per dar corso all’iniziativa».