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Il futuro è dei robot?

Sempre più automi e sempre meno umani nelle fabbriche? Tempo fa abbiamo commentato la notizia di uno sciopero in Texas, contro la crescente diffusione della cosiddetta intelligenza artificiale; la situazione e i dati che provengono dalla Cina (potenza mondiale simbolo dell’impiego di massa ) sono impressionanti. Nel grande stabilimento di Dongguan del colosso Shenzhen Everwind Precision Technology Company, multinazionale che assembla componenti di vari prodotti informatici si è deciso di licenziare in blocco 1600 dipendenti sugli attuali 1800. Si salveranno 200 fra manager, programmatori, addetti al software. La tendenza è generale e la sfida della Cina all’innovazione impressiona. Sono centinaia e centinaia le fabbriche coinvolte nella robotizzazione, con investimenti pazzeschi. Una delle ragioni sta certamente nel fatto che gli operai cinesi (guadagno medio mensile attuale di 400 €) hanno da tempo iniziato a rivendicare aumenti salariali e maggiori diritti. Il salario è cresciuto negli ultimi tempi del 10% all’anno, ma nello stesso periodo il costo dei robot è diminuito del 5% annualmente. Morale: mettiamo gli automi alle linee di assemblaggio e riduciamo drasticamente le persone. Tra l’altro il robot, anche se è caro, lavora sempre, non sciopera, non rivendica tutele, non va in maternità o in permesso sindacale…

In Cina sono previsti fondi pubblici per le imprese produttrici di robot: entro il 2020 si punta all’automatizzazione dell’80% della produzione manifatturiera. Saranno gli stessi robot ad assemblare i propri simili generandoli in base alle esigenze di mercato. Addirittura i capi del personale non selezioneranno più gli operai ma valuteranno la domanda globale di merce e acquisteranno robot adatti a confezionarla . La multinazionale citata all’inizio afferma che non solo si abbatteranno i costi, ma la conversione (in questo caso poco evangelica e molto diabolica!) migliorerà la qualità dei prodotti.

Che dire, oltre constatare che dopo il tramonto dell’era contadina stiamo assistendo (nel mondo ricco) al tramonto di quella operaia? Non spunterà fuori qualche arcaico operaista a proporre che la catena di montaggio resti appannaggio delle persone, con lo sfruttamento, i “marcatempo”, i capi e la famosa “alienazione” da cui la classe operaia si doveva liberare ?

Facciano pure i robot, più velocemente, con più qualità e dunque competitività. Ma che faranno gli umani “liberati” dalla catena? Con quali soldi camperanno e compreranno le merci prodotte in modo perfetto dagli automi che li hanno sostituiti? Non ci avevano insegnato, anche in Italia, che se non c’è crescita, investimenti pubblici ecc. la gente non ha soldi per acquistare, chi produce non vende e se non vende non assume, con il risultato che la percentuale di disoccupati resta di due cifre e i precari abbondano nonostante le “tutele crescenti” molto sbandierate…

Gli esperti mi spiegheranno che l’Italia non è la Cina, che Pechino è indietro rispetto al Giappone, alla Germania e agli Usa, che è finito l’enorme flusso dei contadini dalle campagne verso le periferie urbane, che i salari crescono più della produttività e che, in Cina, per la prima volta, il numero di persone che chiedono lavoro è inferiore alle offerte di lavoro.

Ma alcune domande restano decisive anche per il nostro paese. Ci sarà un’automazione generalizzata nel settore manifatturiero con licenziamenti in massa? Che faranno queste persone che si sommano, come disoccupati, ai giovani in cerca di lavoro, ai famosi esodati, agli immigrati ? Solo grandi investimenti pubblici in settori come edifici scolastici , manutenzione del territorio, rinnovo delle abitazioni con risparmio energetico, ritorno all’agricoltura di montagna, riqualificazione dei borghi, cura del patrimonio storico, culturale, artistico… potrebbero dare qualche risposta. Non bastano certo facilitazioni fiscali alle imprese perché assumano. Ma uno stato che deve pagare i debiti, rispettare le regole europee, potrà investire nelle grandi opere utili e non di immagine? E che dire sulle proposte di salario minimo garantito, redddito di cittadinanza o che altro, nei periodi in cui si è senza lavoro e senza stipendio? Essere pagati, anche se poco, senza fare niente? Mi sembra un arretramento culturale che male si accompagna alle future meraviglie dell’automazione, alcune delle quali (come preparare il pranzo), rasentano la stupidità..

Comunque di questo la politica dovrebbe discutere facendo capire bene ai cittadini che votano quali sono le (almeno due) alternative, quali sono i settori che possono crescere e dove è necessario ridurre o tagliare. Se le posizioni dei partiti o delle coalizioni che si presentano alle elezioni fossero concrete e non promesse generiche (e simili) come succede oggi, forse riusciremmo a rispettare la Costituzione e il suo primo articolo che afffida al popolo la sovranità e ai partiti gli strumenti per farla valere, senza dimenticare che i tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziaro devono restare tali, ben distinti ma bilanciandosi fra loro.

Foto “BMW Leipzig MEDIA 050719 Download Karosseriebau max” by BMW Werk Leipzig – http://bmw-werk-leipzig.de. Licensed under CC BY-SA 2.0 de via Wikimedia Commons.