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Vittima di violenza sessuale, le è vietato abortire

Stuprata a dieci anni. E ad orrore si aggiunge orrore: l’autore del barbaro gesto è il patrigno della piccola. Che rimane incinta. Ma le leggi del suo Paese vietano l’interruzione di gravidanza. Una storia da incubo, come tante che quotidianamente giungono da ogni angolo del pianeta. Non siamo in uno sperduto califfato desertico o nel mezzo di una foresta equatoriale a giorni di cammino dalla città più vicina. Siamo in Paraguay, nazione sudamericana di solida storia conservatrice, che a differenza dei Paesi limitrofi fatica a liberarsi da una gestione portata avanti a suon di colpi e di colpetti di stato. Alcuni familiari (compresa la madre, arrestata per favoreggiamento) si sono rivolti all’associazione umanitaria Amnesty International per sollecitare le autorità paraguayane a consentire un aborto alla bambina, scossa da forti dolori addominali e a rischio di sopravvivenza per la difficile gestione di una gravidanza ad un’età simile. Ma le leggi nazionali consentono il blocco della gravidanza solo in caso in cui il feto minacci la vita della madre, e in questo caso, secondo il parere addirittura del ministro della Salute, non ci sarebbe un tale pericolo. A nulla per il momento sono serviti gli appelli di vari attori sociali. «L’impatto fisico e psicologico di costringere una ragazzina a portare avanti una gravidanza indesiderata è paragonabile alla tortura. Le autorità del Paraguay non possono di certo rimanere indolenti mentre questa giovane vittima di stupro affronta nuovi tormenti» ha detto Guadalupe Marengo, vicedirettrice per le Americhe di Amnesty International. Anche le Nazioni Unite, mediante il Comitato sui diritti economici, culturali e sociali ha chiesto al Paraguay di modificare la legislazione in tema di aborto.

Foto “CAPITAL DE PARAGUAY” by Felipe AntonioOwn work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.