chernobyl

Un centro per i bambini di Chernobyl

Era l’una e ventitré minuti della mattina del 26 aprile del 1986 quando, come in un’immensa pentola a pressione, il vapore surriscaldato a causa di una serie di imperizie e per usura strutturale sparò in aria il disco di copertura del reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, allora in Unione Sovietica, e oggi in Ucraina, liberando nell’aria una enorme quantità di materiali radioattivi, in quello che diventerà il più grave incidente dell’era nucleare. Imparammo presto tutti a pronunciare quel nome straniero, Chernobyl appunto, perché l’immensa nube di gas, oltre a contaminare in maniera definitiva le ampie aree circostanti, si spostò in Europa e arrivò a sfiorare le coste degli Stati Uniti. Fu il panico. Le conseguenze a quasi 30 anni di distanza sono ancora drammatiche. I bambini delle regioni più prossime all’area del disastro continuano a nascere con patologie gravissime, e svariate associazioni ospitano ogni anno intere comitive di giovani bielorussi ed ucraini per soggiorni terapeutici. Ancora 5 milioni di persone vivono in zone radioattive, dove i livelli di contaminazione continuano ad essere elevati soprattutto nelle derrate alimentari, provocando tumori e leucemie in primis nei bambini.

Nemmeno la primaria questione della messa in sicurezza della centrale è stata risolta: il guscio di cemento posizionato per arginare le radiazioni dei materiali presenti a Chernobyl (seicentomila persone vi lavorarono fino al 1990 e si ammalarono per le altissime esposizioni) si sta disgregando per le azioni disgreganti degli elementi che contiene, e il nuovo sarcofago, i cui lavori sono iniziati nel 2010, costa due miliardi di euro, troppo per le casse di Kiev, svuotate dalla guerra civile ma troppo anche per la Banca europea. Mancano oltre seicento milioni di euro, e in questo modo si lascia una bomba ad orologeria a ticchettare nel cuore dell’Europa.

Legambiente Italia è da anni in prima linea in azioni di sostegno alle popolazioni della zona. Con queste motivazioni è nato nel 2011 il progetto “Rugiada”, che nel 2014 ha potuto usufruire anche dei fondi dell’ Otto per mille valdese, e che sostanzialmente garantisce ospitalità in un centro all’avanguardia situato in una zona non contaminata della Bielorussia a circa 100 bambini provenienti dalle zone più a rischio. I bambini possono fare attività didattiche, mangiare cibo sano ed essere sottoposti a controllo medico.

La struttura è realizzata con tecnologie e pratiche ecosostenibili (pannelli solari, biomasse, risparmio energetico, produzioni biologiche, raccolta differenziata e compostaggio), e a breve saranno costruite speciali serre che garantiranno una produzione di verdure incontaminate.  

Foto “VOA Markosian – Chernobyl02” by VOA Photo / D. Markosian – D. Markosian: One Day in the Life of Chernobyl, VOA News, photo gallery.. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons.