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Sfogliando i giornali del 27 aprile

01 – Nepal, continua a salire il bilancio delle vittime del terremoto

Secondo gli ultimi dati, le vittime causate dal terremoto che ha colpito il Nepal nel fine settimana sono più di 3.700, anche se non si esclude che sia destinato a salire. Inoltre, i feriti sono più di 6.500 e mancano certezze a proposito della situazione sull’Everest, interessato da importanti valanghe, e sull’Annapurna, pressoché irraggiungibile. L’ufficio dell’Onu sul posto calcola che i nepalesi colpiti siano circa 6.600.000, e il governo ha decretato lo stato di calamità nazionale e ha disposto la chiusura di tutte le scuole per una settimana. Secondo l’Unicef almeno 940.000 bambini, che vivono nelle zone gravemente colpite dal sisma, hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria. Nella vicina India, invece, dove la seconda scossa di 6,7 gradi è stata percepita a New Delhi e ha bloccato la metropolitana della città, sono morte 72 persone. Nel Tibet cinese i morti sono diciotto, in Bangladesh quattro.

02 – Pakistan, a Karachi è stata uccisa un’attivista per i diritti umani

Due uomini armati a bordo di una moto hanno assassinato con cinque colpi d’arma da fuoco l’attivista per i diritti umani Sabeen Mahmud. La donna stava uscendo da un locale pubblico dopo aver tenuto un seminario sulla situazione degli attivisti nella provincia del Belucistan, dove l’esercito pachistano combatte contro un gruppo di ribelli separatisti. Mahmud aveva denunciato la scomparsa e la probabile uccisione di alcuni attivisti politici, suscitando dure reazioni da diverse parti politiche. L’attivista dirigeva dal 2007 l’associazione The second floor, impegnata nella tutela dei diritti umani e protagonista l’anno scorso della prima maratona hacker dedicata alla difesa del diritto al dissenso in Pakistan.

03 – Yemen, scelto il nuovo mediatore delle Nazioni Unite

Il diplomatico mauritano Ismaïl Ould Cheikh Ahmed è il nuovo inviato delle Nazioni Unite in Yemen. Ahmed, che sostituisce il marocchino Jamal Benomar, dimessosi la scorsa settimana, dovrà provare a rilanciare il dialogo tra le parti in conflitto nel paese della penisola arabica. Il nuovo inviato ha affermato che «lavorerà in stretto legame con i membri del Consiglio, i paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo, i governi della regione e gli altri partner». La situazione sembra essere in stallo, perché da un lato i ribelli sciiti Houthi esigono lo stop dei bombardamenti della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, prima annunciato poi revocato nei fatti, come condizione imprescindibile per tornare al tavolo del dialogo, mentre dall’altro lato si chiede il ritiro dei ribelli da tutte le aree occupate, dalla capitale Sana’a al porto di Aden.

04 – Hong Kong, otto arresti durante le nuove proteste

Otto persone sono state arrestate a Hong Kong in seguito ai nuovi scontri tra polizia e i manifestanti per la democrazia. Le tensioni sono riprese in seguito all’annuncio del governo delle nuove linee guida per le elezioni del 2017, che prevedono il giudizio della Cina sulla selezione dei candidati. La polizia ha disperso a più riprese alcune centinaia di manifestanti che stavano cercando di bloccare il traffico nel distretto centrale di Mong Kok, punto di riferimento del movimento di disobbedienza civile Occupy central, che tra settembre e dicembre del 2014 aveva mobilitato migliaia di persone. I rappresentanti degli studenti hanno annunciato nuove proteste contro quella che hanno definito «una falsa democrazia». I manifestanti vogliono che la Cina conceda alla regione una maggiore autonomia e libertà nell’elezione del capo dell’amministrazione locale, prevista per il 2017.

05 – Burundi, nuove manifestazioni contro la candidatura del presidente Nkurunziza

Nuove manifestazioni questa mattina a Bujumbura, la capitale del Burundi. Dopo gli scontri di ieri, che hanno causato cinque morti, questa mattina la polizia ha disperso nuove proteste contro un terzo mandato del presidente Pierre Nkurunziza. Nonostante il divieto di manifestare imposto a partire da ieri, un migliaio di giovani ha tentato di uscire dal quartiere settentrionale di Cibitoke, luogo chiave degli scontri più violenti, per raggiungere il centro della città, dove intanto è stato dispiegato l’esercito, considerato più neutrale rispetto alla polizia. Al potere dal 2005, l’attuale presidente Nkuruziza è stato riconfermato come candidato del partito al governo, ma l’opposizione giudica un terzo mandato incostituzionale e contrario agli accordi di Arusha, che avevano aperto la strada alla fine della guerra civile nel paese, durata dal 1993 al 2006. Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, 15.000 persone hanno già lasciato il paese e si sono rifugiate nel vicino Ruanda, per timore di violenze e intimidazioni.

Foto “1 hongkong panorama victoria peak 2011” by chensiyuan – chensiyuan. Licensed under GFDL via Wikimedia Commons.