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Sfogliando i giornali del 31 marzo

01 – Nigeria, in vantaggio il leader dell’opposizione, Muhammadu Buhari

I risultati delle elezioni nigeriane, che dovevano essere comunicati alle ore 11 di questa mattina, non verranno per ora comunicati, a causa di alcuni ritardi nel conteggio. I risultati parziali parlano però di un vantaggio di circa due milioni di voti per l’ex dittatore Muhammadu Buhari, già a capo di una giunta militare tra il 1983 e il 1985. Tuttavia, mancano all’appello due stati decisivi e molto popolosi come Lagos e Rivers, nei quali l’attuale presidente Goodluck Jonathan dovrebbe imporsi in modo netto. In caso di sconfitta, Jonathan sarebbe il primo presidente non rieletto nella storia della Nigeria. Alle 12:30 i rappresentanti elettorali del People’s democratic party, il partito attualmente al governo, ha denunciato brogli nelle regioni del centro e del nord, le più esposte alle violenze degli ultimi anni e maggiormente orientate verso il voto per Buhari. È eletto presidente il candidato che ottiene la maggioranza dei voti e almeno il 25% dei consensi in due terzi degli Stati.

02 – Mali, un operatore della Croce rossa è stato ucciso a Gao, nel nord del Mali

Due dipendenti della Croce rossa del Mali sono stati uccisi in un agguato che si è verificato sulla strada che collega le città di Gao e Ansango, nel nord del paese. L’imboscata è stata rivendicata dal gruppo jihadista del Mujao, il Movimento per l’unità e il jihad in Africa occidentale. L’attentato è avvenuto mentre il convoglio della Croce rossa stava viaggiando nella direzione di Niamey, la capitale del Niger, per recuperare del materiale sanitario, tra cui farmaci da distribuire tra i campi del paese. La Croce rossa ha denunciato «un aumento delle violenze contro gli operatori umanitari, che impedisce loro di prestare aiuto a persone e comunità fortemente bisognose». Nel nord del Mali, già teatro di un conflitto armato tra il 2012 e il 2013, restano attivi gruppi di matrice touareg e jihadista.

03 – Yemen, continuano i raid della coalizione saudita

Sesta notte di bombardamenti della coalizione guidata dall’Arabia Saudita in Yemen, per colpire obiettivi strategici dei ribelli sciiti Houthi. Secondo alcuni testimoni ci sono state diverse esplosioni nelle montagne vicino alla capitale Sana’a, mentre ieri è stato colpito il campo profughi di Al Mazraq, dove 45 civili sono rimasti uccisi. Nelle intenzioni dei sauditi, i raid dovrebbero fermare l’avanzata dei ribelli, ma finora continua l’avanzata dei ribelli nella città di Aden, nel sud del paese, dove gli scontri con le forze fedeli ad Hadi sono continuate anche nell’ultima notte, nonostante i paesi del Golfo abbiano anche dispiegato alcune navi da guerra nei pressi delle città portuali del sud. La conquista della città rappresenterebbe una significativa sconfitta per la coalizione saudita, che ha sempre dichiarato che la protezione del governo di Hadi ad Aden è uno dei suoi principali obiettivi, e allontanerebbe l’ipotesi di negoziati e di condivisione del potere con il presidente in carica.

04 – Losanna, ultimo giorno di negoziati sul nucleare iraniano

I ministri degli esteri dei paesi del “gruppo dei 5+1”, composto da Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania, si sono ritrovati questa mattina presto a Losanna, in Svizzera, per una riunione interna prima di incontrare il ministro degli esteri dell’Iran, Mohammad Javad Zarif. La scadenza per il raggiungimento di un accordo quadro è prevista per la mezzanotte di oggi, e dovrà porre le basi per un protocollo esecutivo da firmare entro il 30 giugno, data oltre la quale potrebbe essere necessario ricominciare le trattative da capo. Ieri il segretario di stato degli Stati Uniti, John Kerry, aveva manifestato un cauto ottimismo, alla pari del ministro degli esteri cinese, Wang Yi, ma rimangono ancora alcuni punti da chiarire nelle prossime ore.

05 – Myanmar, a un passo da un accordo storico tra governo e ribelli di vari gruppi etnici

Oggi il governo birmano ha firmato in via preliminare un accordo in sette punti per il cessate il fuoco con diversi gruppi etnici del paese, con i quali si combattono guerre da alcuni decenni. L’accordo definitivo, ritenuto «storico» dal governo, potrebbe essere firmato nei prossimi giorni dai 16 gruppi armati attivi nel paese e riuniti sotto la sigla del Nationwide ceasefire coordination team. Per Vijay Nambiar, consigliere speciale dell’Onu in Myanmar, questa intesa permetterà di raggiungere un “cessate il fuoco” molto atteso soprattutto al confine con la regione cinese dello Yunnan. Il prossimo passo dovrà essere portato avanti dai gruppi ribelli, che dovranno discutere e condividere i dettagli dell’accordo con i leader locali.

Foto “La Dune Rose” di Exereo (Jonathon Hicks) – Transferred from en.wikipedia. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.