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«Basta robot!»

La notizia  che  fa  decisamente notizia viene dal Texas. Vi è stata una manifestazione contro il potere  crescente dell’intelligenza artificiale. Sulle magliette la scritta: Stop the Robots. In questi giorni a Austin, la capitale, era in corso il festival tecnologico South by Southwest, dove vengono mostrati gli scenari del futuro più avanzato, quando, secondo alcuni scienziati, saremo circondati dalla “coscienza cybenetica” grazie ad un continuo progresso del software (sono costretto ad usare parole oggi ben note delle quali tuttavia non saprei spiegare esattamente il significato).  Ho una vaga idea di quali siano oggi dei robot funzionanti, dei cloni, dei droni (se ne parla soprattutto in campo militare). Penso che se si crea  un robot capace di verniciare la carrozzeria di un’auto, al posto di un operaio, si fa un passo avanti nella tutela della salute, mentre non mi sembra un progresso, anzi mi pare una idiozia, creare dei robot per la cucina o le pulizie di casa. In un famoso film di Kubrick, 2001: odissea nello spazio, alla fine l’uomo si rivolta e  “uccide” Al, il potentissimo computer di bordo (intelligente).

Come sempre su temi di questo genere gli scienziati si dividono: per qualcuno tutto andrà bene e sapremo conservare la nostra coscienza  umana senza confusioni con il cyberspazio; per altri le cose non saranno così semplici. Il famoso Bill Gates, fondatore della Microsoft, si dichiara fra i preoccupati: all’inizio tutto sembrerà positivo perché i robot faranno per noi molti  lavori (meno  fatica ma anche meno posti di lavoro e famiglie più povere), ma poi l’intelligenza artificiale potrà diventare una grossa preoccupazione. Non sono pochi quelli che vedono nell’intelligenza artificiale  una minaccia, non solo per l’occupazione, ma perché «è in gioco la  fine stessa dell’esistenza»  (e, aggiungo, la  concezione stessa di creatura, di essere umano).

Nel lungo cammino dell’evoluzione della tecnica e delle sue applicazioni (la tecnologia), dall’artigianato alla manifattura, alle prime fabbriche che sfruttarono la macchina a vapore, ai motori elettrici, alle catene di montaggio, ai torni e frese comandate da una scheda perforata, fino ai  robot vi è sempre stato conflitto con i lavoratori, perché ogni macchina inserita nella produzione significava meno posti di lavoro, mansioni dequalificate e dunque meno pagate. In compenso aumentava la produttività, lo sfruttamento, i profitti.

In Inghilterra un movimento, che si chiamò luddista dal nome (Ned Ludd) del presunto fondatore, nei primi anni dell’800 distrusse  decine di telai diventati meccanici e fu duramente represso, anche con impiccagioni (tra l’altro i luddisti ebbero numerosi contatti con i metodisti, e da loro si ispirarono per il modello organizzativo  del loro movimento).

 Stop the Robots non è luddista .  «Non abbiamo nessuna intenzione di  distruggere  le macchine. Tutti pensano che siamo un gruppo antitecnologia, non è così, noi anzi la riteniamo indispensabile…Però dobbiamo fare attenzione e impedire che l’intelligenza artificiale assuma ruoli umani; allo stesso tempo dobbiamo trovare la maniera di usare la tecnologia su grande scala per creare posti i lavoro invece che distruggerli».

Ora è proprio  di questi  buoni propositi  che  io non mi fido. La ricerca scientifica e quella   tecnologica non accetteranno mai l’idea di un limite, come si vede anche nella manipolazione del codice genetico. E la fissione dell’atomo non avrebbe dovuto diventare la bomba per distruggere il Giappone. Non illudiamoci che qualche autorità mondiale possa controllare la rete, o prescrivere solo certi utilizzazioni e non altre; quante volte si è detto che una determinata tecnologia  sarebbe stata controllata dagli umani e non il contrario.  L’informatica è un enorme passo avanti, ma  tutti si rendono conto anche di come il computer ci trasforma, ci fornisce un linguaggio, un modo di usare le immagini e molto altro, al punto che si cominciano a manifestare preoccupazioni circa i mezzi informatici nella scuola, con bambini e ragazzi che già navigano tutto il giorno, sempre  più  connessi e sempre più soli perché privi di relazioni reali, di scazzottate, di partite a calcetto, di poesie imparate a memoria… I manifestanti del Texas contro i robot vanno ascoltati seriamente.

Foto: Un robot gioca a ping pong alla Tokyo International Robot Exhibition, licenza CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons