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Iran, crescono le condanne a morte. L’allarme della comunità internazionale

La pubblicazione del rapporto avviene in un momento in cui le relazioni diplomatiche tra la Repubblica Islamica dell’Iran e la comunità internazionale si sono particolarmente rinsaldate, soprattutto a seguito delle elezioni presidenziali del giugno 2013 che hanno decretato la vittoria di Hassan Rouhani.

Durante il 2014 molti sono stati gli incontri e le occasioni di confronto tra le autorità iraniane ed i governi occidentali: rappresentanti politici, legislatori, alti funzionari dell’Ue e ministri degli Esteri si sono recati in visita ufficiale a Teheran. Malgrado ciò, i dati raccolti da Iran Human Rights (Ihr) e pubblicati nel presente rapporto, indicano che il numero di esecuzioni condotte nel 2014 è il più alto registrato negli ultimi quindici anni, con un notevole incremento nei diciotto mesi successivi all’elezione di Rouhani. Inoltre, dal 1990 si è registrato il più alto numero di esecuzioni di rei minorenni, e continuano ad essere messi a morte, da parte delle autorità iraniane, attivisti politici e civili. L’ esecuzione dei due insegnanti arabi, Hadi Rashedi e Hashem Shabani – membri di una associazione culturale araba (Al–Hiwa, “dialogo”) – di Gholamreza Khosravi, accusato di aver sostenuto economicamente un gruppo di opposizione clandestino, e di Mohsen Amir Aslani, accusato di blasfemia ed eresia, sono infatti solo alcuni drammatici esempi. A rischio di esecuzione rimane Soheil Arabi, accusato di aver insultato il Profeta sulla sua pagina Facebook e condannato a morte dal tribunale della Corte Suprema.

Il rapporto solleva l’importante interrogativo sul reale peso che la questione “pena di morte” abbia nell’ambito dei dialoghi bilaterali tra l’Iran e i paesi che sono tra i principali promotori dell’abolizione della pena capitale sulla scena internazionale. Se la pena di morte è una questione di grande rilievo, come spiegare il notevole incremento di esecuzioni a fronte di relazioni diplomatiche sempre più fiorenti? E soprattutto, quali misure la comunità internazionale intende adottare per contrastare questa tendenza?

«Sebbene le relazioni tra la comunità internazionale e la Repubblica Islamica dell’Iran siano notevolmente migliorate, la situazione della pena di morte è deteriorata in modo significativo durante la presidenza di Hassan Rouhani. Questa tendenza non può continuare. Le restrizioni sull’uso della pena di morte devono essere in cima all’agenda nel dialogo tra la comunità internazionale e l’Iran. E’ il momento di dimostrare che anche i diritti umani devono trarre beneficio da questi confronti» – così commenta Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore e portavoce di Ihr.

Anche all’interno dell’Iran aumentano le posizioni che si oppongono all’uso della pena capitale. Alcuni funzionari iraniani hanno sottolineato la necessità di modificare le leggi contro il narcotraffico per diminuire il numero di esecuzioni per reati legati alla droga, e la legislazione in materia di pena di morte per i rei minorenni.

Raphaël Chenuil-Hazan, direttore esecutivo di Ecpm (Ensemble Contre la Peine de Mort), riferisce: «Le relazioni diplomatiche e la Revisione Periodica Universale sono senz’altro ottime opportunità per migliorare la situazione della pena di morte in Iran. Ma sono necessarie una maggiore volontà e un’azione più incisiva da parte della comunità internazionale, e in particolare dell’Unione europea e dei suoi membri nel dialogo con l’Iran».

Ihr e Ecpm ritengono che l’estensione del mandato del Relatore Speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Iran, un attento monitoraggio delle raccomandazioni della Revisione Periodica Universale accettate dall’Iran, porre come condizione all’ulteriore miglioramento delle relazioni maggiori restrizioni sull’ uso alla pena di morte, e il sostegno alla società civile iraniana che lotta contro la pena di morte, siano i mezzi con cui la comunità internazionale può contribuire a limitare l’uso della pena di morte nel paese.

Inoltre, l’abolizione della pena di morte per i rei minorenni e per i reati legati alla droga, l’abolizione delle esecuzioni pubbliche rappresentano gli ambiti in cui è possibile compiere significativi progressi nel corso del 2015. Nell’attuale miglioramento delle relazioni diplomatiche con la Repubblica Islamica dell’Iran, Ihr e Ecpm ricordano che la Norvegia e l’Unione Europea hanno un ruolo chiave nel porre la pena di morte in cima all’agenda nel dialogo con l’Iran.

«E’ paradossale che siano aumentate le esecuzioni a fronte di una notevole distensione dei rapporti tra l’Occidente e l’Iran», ha affermato Cristina Annunziata, presidente di Iran Human Rights Italia Onlus, commentando i dati emersi dal rapporto annuale. «Il dibattito sui diritti umani in Iran deve essere posto al centro di ogni trattativa con la Repubblica Islamica dell’Iran. Solo in questo modo sarà possibile promuovere una cultura rispettosa dei diritti umani e affermare la democrazia nel paese», conclude Annunziata.

 

Rapporto Iran 2014 in breve:

•753 esecuzioni nel 2014 (aumento del10% rispetto al 2013)

•291 casi (39%) resi noti da fonti ufficiali

•49% (367) delle esecuzioni per reati legati alla droga

•32% (240) delle esecuzioni per reati di omicidio

•53 esecuzioni pubbliche

•14 rei minorenni messi a morte

•26 donne messe a morte

•4 persone rianimate dopo l’esecuzione tramite impiccagione

(Fonte: iran human rights, rapporto annuale)

Foto: Una moschea in Iran, di tpsdave, by Pixabay, Licenza: CC0 Public Domain