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Che cosa ci insegna Il Mediterraneo

«Il nostro progetto di accoglienza e integrazione avviato a dicembre del 2014 con la Casa delle Culture-Mediterranean Hope di Scicli (Rg), progetto finanziato con i fondi dell’otto per mille valdese, si inserisce in un quadro di vocazione cristiana. Pertanto denunciamo con forza chi invece fa profitti sulla pelle dei più diseredati». Lo ha affermato ieri mattina il pastore Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), in occasione del Convegno “Che cosa ci insegna il Mediterraneo“, promosso dalla Fcei in collaborazione con la rivista Limes e il Centro Studi mediterranei di Genova, che si svolge oggi e domani nella cittadina del ragusano.

Nella sala gremita della Casa delle culture di Scicli, alla presenza di autorità istituzionali, docenti universitari, studenti, operatori sociali e migranti ospiti della Casa, Aquilante – facendo cenno alla Parabola del gran convito (Matteo 22:2-10, Luca 14:15-224)- ha voluto sottolineare lo spirito con cui la Fcei affronta da ormai tre decenni il fenomeno migratorio: «le parole che noi leghiamo al fenomeno migratorio sono non solo “accoglienza”, “integrazione” e “diritti”, ma anche “umanità”, “dignità”, “futuro”, nonché “testimonianza”, “mondo nuovo”, “giustizia”, e non ultimo, “fiducia”, “speranza”, “salvezza”. Un approccio che non può certo essere assimilato, nemmeno lontanamente, ad una logica di mercato”.

Apprezzamento per il progetto Mediterranean Hope, di cui hanno riconosciuto la valenza interculturale e di aggregazione per la stessa popolazione locale, è stato espresso dal prefetto Mario Morcone, direttore del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno, nonché dal prefetto di Ragusa, Annunziato Vardé. I due hanno ribadito come l’intervento delle istituzioni nell’affrontare il fenomeno migratorio sia dei più vigili nel contrastare ogni forma di sfruttamento, che pure si verifica. In particolare, il prefetto Morcone, nel suo lungo e articolato intervento, ha fatto cenno alla situazione geopolitica dei paesi al di là del Mediterraneo e alla grande sofferenza delle popolazioni in fuga dai conflitti: «E’ dalla Seconda Guerra mondiale che non si vedeva una crisi umanitaria di tali dimensioni». Per quanto riguarda la gestione dell’accoglienza, è ora importante, secondo Morcone, uscire dalla logica dell’emergenza: «Un traguardo fattibile, se si pensa che basterebbe che gli 8mila e passa Comuni italiani, accogliessero ciascuno una decina di migranti. In questo modo nessuno parlerebbe più di invasione. Nella sola Sicilia – ha detto il prefetto – si trova il 22% dei migranti, a fronte di un 4% nella Regione Veneto». Ridistribuzione, dunque, in concorso con le Regioni e gli Enti locali, ma anche valorizzazione delle “buone pratiche” degli Sprar, velocizzazione nel riconoscimento delle pratiche per lo status di rifugiato. E, soprattutto, protezione per i migranti minori non accompagnati, un fenomeno in crescita esponenziale, che il Ministero dell’Interno sta seriamente affrontando con la possibilità per le Regioni di aprire dei Centri di accoglienza specializzati. Per quanto riguarda l’apertura di canali umanitari dalle zone in conflitto, con la possibilità di garantire a soggetti particolarmente vulnerabili un arrivo in sicurezza nei paesi Ue – un opzione fortemente caldeggiata dalla Fcei – il prefetto Morcone ha detto che nel 2015 è già pianificato un primo contingente di 500 casi da individuare.

(fonte Nev)

Foto: Rifugiati somali a bordo di una imbarcazione di fortuna intercettati nell’Oceano Indiano, Licenza: CC0 Public Domain