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Sfogliando i giornali del 16 marzo

01 – Pakistan, giornata di lutto dopo l’attentato contro la comunità cristiana a Lahore

In Pakistan è stata proclamata una giornata di lutto ufficiale nelle province di Punjab e Sindh in seguito all’attentato dei taliban di ieri contro due chiese cristiane, una cattolica e una protestante, a Lahore in cui sono morte 15 persone. Ieri, infatti, due esplosioni hanno colpito il quartiere di Youhanabad, a maggioranza cristiana, durante la celebrazione di un rito cattolico nella St. John’s Catholic Church e uno protestante presso la Christ Church, a poco meno di un chilometro di distanza. Circa cinquanta persone sono rimaste ferite. Dopo l’attentato nel quartiere sono scoppiate le proteste di centinaia di cittadini che hanno accusato la polizia di non aver protetto la loro comunità. Secondo il portavoce della polizia della regione di Punjab, tra i morti ci sarebbero sia civili sia poliziotti, mentre altre due persone sarebbero morte negli scontri. In un messaggio alla comunità cristiana, il primo ministro Nawaz Sharif ha detto che «questo cattivo uso della religione come pretesto per uccidere minoranze deve essere interrotto» e che gli attentati, rivendicati da un gruppo taliban, costituiscono un attacco contro lo stato del Pakistan.

02 – Siria, gli Stati Uniti aprono ai negoziati con Bashar al Assad

A quattro anni e un giorno dallo scoppio del conflitto in Siria il segretario di stato degli Stati Uniti, John Kerry, ha dichiarato che Washington ha deciso per la prima volta di aprire i negoziati con il presidente siriano Bashar al Assad per permettere la transizione politica in Siria. Fino a oggi il governo statunitense lo aveva accusato di aver perso legittimità e ne chiedeva le dimissioni, ma l’avanzata del gruppo Stato islamico ha portato la coalizione internazionale a modificare le proprie posizioni e a considerare di nuovo Assad come un interlocutore politico, riportandolo al ruolo che gli veniva riconosciuto prima del 2011 e della stagione delle “primavere arabe”. Tuttavia, in una nota rilasciata oggi dal dipartimento di stato degli Stati Uniti si afferma che le parole di Kerry sarebbero state travisate e non ci sarebbero stati riferimenti diretti al presidente siriano Assad. Intanto, secondo alcuni rapporti pubblicati in questi giorni, a quattro anni dalla guerra in Siria le vittime sono più di 215.000, e tra queste almeno 66.000 sono civili.

03 – Brasile, un milione e mezzo di manifestanti chiedono le dimissioni della presidente Rousseff

Oltre un milione e mezzo di persone sono scese in piazza ieri in più di 140 città del Brasile per chiedere le dimissioni della presidente Dilma Rousseff e per protestare contro la corruzione nel paese, dopo lo scandalo che riguarda Petrobas, il principale gruppo petrolifero pubblico brasiliano, e che sta scuotendo la dirigenza del Pt, il partito al governo. Il corteo più numeroso è stato quello di São Paulo, ma ci sono state manifestazioni anche nella capitale, Brasilia, a Rio de Janeiro e a Salvador de Bahia. I manifestanti, che indossavano i colori della bandiera brasiliana, hanno chiesto le dimissioni di Dilma Rousseff, rieletta alla fine del 2014 per un secondo mandato di quattro anni ma ritenuta a conoscenza del giro di tangenti in cui sono rimasti coinvolti i dirigenti della Petrobras, azienda di cui l’attuale presidente era componente del consiglio di amministrazione. Un’inchiesta voluta dal ministro della giustizia l’ha prosciolta da tutte le accuse, mentre il governo ha definito le proteste «un’espressione di democrazia» e ha promesso nuove riforme contro la corruzione.

04 – Mali, i ribelli dell’Azawad rifiutano il piano di pace delle Nazioni Unite

Battuta d’arresto nelle trattative per la pace in Mali. I delegati dei gruppi ribelli riuniti nella città di Kidal, nel nord del paese, hanno rifiutato l’accordo di pace firmato dal governo il 1 marzo ad Algeri. Secondo il Coordinamento dei movimenti dell’Azawad, che aveva preso tempo per consultare le varie leadership locali, la proposta arrivata dopo 8 mesi di colloqui tra le parti coinvolte nel conflitto non rispetta le richieste dei ribelli per assicurare l’autonomia del nord del Mali. Il rappresentante del Cma presso l’Unione europea ha annunciato che comunque i negoziati con Bamako continueranno fino a che non sarà possibile trovare un documento «accettabile e realistico». Le Nazioni Unite spingevano per la firma dell’accordo a Kidal, ma le proteste della popolazione hanno convinto i leader dei ribelli a non accettare la proposta.

05 – Myanmar, scontri e vittime sul confine, proteste di Pechino

Continua a crescere la tensione tra Cina e Myanmar, dopo che nel fine settimana una bomba lanciata da un aereo birmano in un campo coltivato a canna da zucchero nella regione cinese dello Yunnan ha ucciso cinque persone di nazionalità cinese. In un primo comunicato, il portavoce del governo birmano aveva accusato dell’attacco le forze separatiste kokang, presenti nella zona di confine e da tempo sotto attacchi dei militari governativi. Secondo le forze birmane, anche mercenari cinesi stanno combattendo con i separatisti dell’esercito dell’Alleanza nazionale del Myanmar e hanno esortato la Cina a cooperare per prevenire possibili alleanze sulla zona del confine, lunga oltre 2000 km e pressoché inaccessibile per i civili. Il governo di Pechino ha respinto le accuse e ha convocato l’ambasciatore birmano comunicando la sua protesta ufficiale, annunciando anche di essere pronto a prendere «misure decisive» se un incidente come questo dovesse ripetersi.

Foto “Protestos de 15 de março de 2015 no Rio de Janeiro” di Unknow – Agência Brasil. Con licenza CC BY 3.0 br tramite Wikimedia Commons.