640px-schenectady_ny_train_station

Schenectady: una missione di classe senza contaminazione?

In questi giorni freddissimi mi sono dato da fare per fissar appuntamenti con i rappresentanti di agenzie e missioni operanti nella città, per incontrarvi i coordinatori e volontari durante le loro attività. Sicm, la Schenectady Inner City Ministry, formata da personale proveniente dalle varie chiese, sostenuta dalle chiese protestanti e in parte dalla cattolica, presente nella zona meno benestante della città, per fornire quasi ogni giorno pasti caldi, cibi e generi di prima necessità a tutti i residenti al di sotto di un determinato reddito, gente disposta ad attendere nella neve in lunghe file prima dell’apertura. È l’altro volto della città, apparentemente tranquilla. Dall’altra parte della “Stockade”, la zona storica e ricca della città, c’è la zona squallida. Vengono tristemente a coincidere condizione, ceto sociale, colore ed etnicità. Durante la mia permanenza c’è stato già un omicidio, insieme agli episodi ricorrenti di violenza urbana. Accanto alla Sicm opera la missione più vecchia della città, fondata nel 1906, la Schenectady City Mission.

La sigla e l’opera di questa missione più evangelicale, ma ugualmente solidale, si confonde per obiettivi e contenuti con la Sicm, il cui motto in sequenza “Good Work, Good Will and Good News” riflette lo spirito dell’opera La First Reformed finanzia in maniera cospicua entrambe le agenzie, ma ha incaricato una persona che cerca di accomunare gli obbiettivi di queste e altre opere, per creare sinergie che evitino sovrapposizioni. C’è l’Habitat for Humanity che raccoglie mobilio e materiale edile, e le rivende a prezzi bassi per aiutare la comunità a ricostruirsi. C’è il “Pantry” (dispensa) che provvede generi alimentari freschi e inscatolati provenienti dai grandi magazzini e dalle chiese. Significativo è l’Elijah Project: oltre a fornire mense per bambini e ragazzi di famiglie  disagiate con problemi che si riflettono sull’andamento scolastico, prepara dei corsi formativi sulla nutrizione, la cucina, la scelta degli alimenti. Le missioni costruiscono ponti tra le condizioni di sospetto, disoccupazione cronica, degrado, passato torbido, dipendenze da una parte, e di fiducia, graduale inserimento nell’occupazione, produttività e facilitazione delle imprese, dall’altra. Il Damien Center provvede cura medica e sostegno spirituale alle persone affette da Hiv/Aids; Stepping Stones Ministry dedica una cura spirituale alle persone che si stanno riprendendo dalle dipendenze, attraverso i programmi dei dodici passi. Un esempio di programmazione concreta è il servizio di accompagnamento di giovani madri prive di patente all’appuntamento del lavoro o dal medico. Senza questo sostegno capillare, molti poveri, per quanto ben intenzionati, si perderebbero tra le maglie di un sistema economico puntuale e poco solidale. La ricchezza delle iniziative sta nel fatto che vengono coinvolte nella formazione e nella conduzione dei progetti le stesse persone che hanno beneficiato dei servizi e sono state riabilitate nel contesto sociale.

La Comunità della First Reformed impiega al meglio le sue persone qualificate e altolocate e amministra con oculatezza le sue risorse economiche: è generosa e non si aspetta un ritorno. Tuttavia, la sua opera resta ancora remota o spostata rispetto al contesto della missione. Non si attende nulla in cambio della solidarietà sociale, e forse per questo la comunità continua ad essere omogenea, bianca, di ceto medio superiore, mentre i giovani, che pure fanno parte della chiesa, sono per lo più invisibili, distaccati dagli eventi comunitari.  È vero che la comunità va spronata a guardare oltre al proprio orizzonte di classe, ma d’altra parte, deve accogliere se stessa senza colpevolizzarsi, valorizzando le sue risorse di nicchia e i suoi punti forti da offrire all’esterno – anche se continua ad interrogarmi il fatto che il messaggio comunitario, esplicitamente di liberazione e inclusività, non si incarni in una contaminazione visibile nell’incontro della diversità.

Nella missione verso la città, forse la chiesa ha smarrito il suo mandato culturale. La missione è vissuta come soccorso, compensazione e riempimento delle crepe provocate da una iniquità sociale condivisa.  I poveri sono molti, e le differenze sociali (che sono spesso anche razziali) sono evidenti. Si tenta di creare nuovi spazi di fiducia e collaborazione tra la città, le imprese e i disoccupati. Il denaro è investito e seminato non tanto nella carità quanto nell’impresa della solidarietà strutturata per vincere la condizione di decadimento sistemico di una società democratica e liberale, ma tutto sommato, poco   solidale. 

Foto “Schenectady, NY, train station” by Daniel CaseOwn work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.